Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2007
Durata:38 min.

Tracklist

  1. SHAPING THE CLOUDS
  2. WOLVES
  3. CROSSING THE OCEAN
  4. OMNI
  5. RODE IN ON HORSEBACK
  6. ROOF OF THE WORLD
  7. PENGUINS IN FLIGHT
  8. HOLDING THUNDER

Line up

  • Chris Letchford: guitars
  • Travis Levrier: guitars
  • Jordan Eberdhart: bass
  • Pat Skeffington: drums

Voto medio utenti

I dischi totalmente strumentali sono merce rara, ed ancor più raro è trovare un album che riesca a risultare gradevole ed interessante anche alle orecchie di chi si avvicina a questo tipo di proposta nell'ottica di semplice ascoltatore, e non come musicista che spesso è interessato all'aspetto prettamente tecnico. Gli Scale The Summit sono una band piuttosto giovane e promettente che si presenta al proprio pubblico con questo "Monument", totalmente autoprodotto, un disco per l'appunto interamente strumentale in cui sono gli strumenti, per la precisione basso, batteria e chitarre a tenere banco. Non immaginatevi nulla in stile Steve vai, Joe Satriani o Yngwie Malmsteen però: gli Scale The Summit hanno un background musicale che comprende techno-thrash in stile Watchtower, un'attitudine certamente progressive, un pizzico di jazz e un bagaglio tecnico significativo. I pezzi in un certo senso mi hanno riportato alla memoria i Coroner di "R.I.P.", non tanto per la velocità o la somiglianza dei pezzi, quanto per il lavoro delle due chitarre, mai statiche e perennemente in divenire, con un andamento inarrestabile e mai lineare. Tuttavia è bene sottolineare che "Monument" non è esente da difetti: gli Scale The Summit propongono bei pezzi, come nel caso di "Shaping The Clouds", "Penguins In Flight" o "Rode In on Horseback", con un delizioso stacco centrale, i quali però alternano bei momenti piacevoli da ascoltare ad altri in cui è facile perdere il filo del discorso in un groviglio apparentemente inestricabile di riff, cambi di tempo e via dicendo. Altro difetto dell'album è una certa freddezza e se vogliamo "accademicità" delle composizioni, che spesso danno l'impressione di essere uno di quegli esercizi di plettrata alternata o di studio delle scale che i chitarristi conoscono bene. Sarebbe quindi meglio focalizzare meglio quali sono i punti in cui sarebbe meglio accantonare un po' la tecnica o quantomeno metterla a servizio del feeling dei pezzi, come accade nel già citato stacco di "Rode In on Horseback", in modo da non saturare le orecchie dell'ascoltatore con un susseguirsi di riff diversi a volte eccessivo. Nota di merito il digipack del disco, molto semplice ma allo stesso tempo molto professionale per essere un album autoprodotto, e con un'immagine di copertina tanto semplice quanto bella.
In ogni caso si tratta di un bel disco, spesso penalizzato da un approccio progressive ad ogni costo, che a tratti va a discapito dell'ascolto e della godibilità dei pezzi. Senza dubbio è un lavoro meritevole di qualche ascolto anche da parte dei non chitarristi.
Recensione a cura di Michele ’Coroner’ Segata

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