Aborym - With No Human Intervention

Copertina 8

Info

Past
Genere:Black Metal
Anno di uscita:2003
Durata:65 min.
Etichetta:Code666
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. ANTICHRISTIAN CODEC (INTRO)
  2. WITH NO HUMAN INTERVENTION
  3. U.V. IMPALER
  4. HUMECHANICS VIRUS
  5. DOES NOT COMPUTE
  6. FAUSTIAN SPIRIT OF THE EARTH
  7. DIGITAL COAT MASQUE
  8. THE TRIUMPH
  9. BLACK HOLE SPELL
  10. ME(N)TAL STRIKEN TERROR ACTION 2
  11. OUT OF SHELL
  12. CHERNOBYL GENERATION
  13. THE ALIENATION OF A BLACKENED HEART
  14. AUTOMATIK RAVE'OLUTION SATAN

Line up

  • Fabban: bass, synths, keys, programming
  • Attila Csihar: vocals
  • Seth Teitan: guitars, sampling, programming
  • Nysrok: guitars, synths, keys, programming

Voto medio utenti

Parafrasando il titolo, in questo cd di umano non ci troverete davvero nulla! A partire dall'artwork apocalittico, attraversando distese di riff e samples impazziti, fino ad arrivare alle agghiaccianti meccaniche vocals del "maestro" Attila Csihar, neanche un minimo particolare vi farà credere di trovarvi ancora sulla terra invece che in una bolgia infernale ricolma di materiale contaminato e tossico. Provatene l'ascolto nel lettore cd camminando per strada, vi assicuro che vedrete la gente comune con un'ottica alquanto diversa dal solito... Dopo uno straordinario debutto e un seguito non troppo convincente (almeno a mio parere) gli Aborym arrivano alla terza prova carichi di idee, con un album in cui dimostrano finalmente di essere riusciti a non fare il passo più lungo della gamba, o almeno non troppo più lungo. Le sperimentazioni elettoniche e industriali ci sono ancora, eccome, ma questa volta sembrano essersi amalgamate alla grande con quel post-black metal marziale e imperiale che sta alla base della proposta del combo romano. Discorso a parte per le due tracce completamente sintetiche, che rappresentano episodi distinti e dotati di un'anima propria rispetto al resto del lavoro. Gli Aborym plasmano la materia informe, rendendola affascinante e terribile allo stesso tempo... come un grande occhio infuocato che divora la realtà e ce la restituisce distorta e malata, ma in qualche modo più vera dell'originale. Sentire la title track, ad esempio, con il suo riff iniziale più black metal che mai e un Attila Csihar in formissima alle prese con uno scream che mi ha ricordato quello di Ihsahn nel debutto dell'Imperatore. Ottimi samples e un drumming molto vario completano un pezzo tra i migliori dell'album. A dire il vero ogni singola canzone contiene almeno un killer-riff (quello conclusivo di Humechanics-Virus è già nella storia, per quanto mi riguarda) e qualche elemento elettronico ben campionato e inserito al momento giusto. Dicevamo, discorso a parte per le due strumentali, completamente elettroniche: la prima mi ha ricordato un ritmo a metà tra la techno e la jungle, molto ben programmato, mentre la seconda mi è sembrata più canonica e meno ispirata. Concludono l'opera alcune parole sussurrate al telefono da Bard Faust (a cui è dedicata anche una canzone, penso) e alcune partecipazioni speciali come quella di Nattefrost dei Carpathian Forest alla voce nella traccia "The Alienation Of A Blackened Heart" (prova leggermente sottotono la sua). Cos'altro dire? Gli Aborym sono tornati alla grande, con un fare meno spocchioso del solito, che finalmente fa apparire la loro musica per quello che è, lontano da ogni antipatia più o meno carica di pregiudizio nei confronti del controverso Fabban. Va bene così, visto che la musica in questo dischetto è superiore qualitativamente alla media delle uscite del genere e in più rilancia alla grande il metal estremo italiano all'estero con una delle band (giustamente) più seguite ed apprezzate.
Recensione a cura di Alessandro 'Ripe' Riperi

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