Con la pubblicazione di The Waste Lands nel 1992 è stata chiusa la parentesi con Tony Dolan dietro al microfono, epoca che i Venom a livello di pubblico hanno affrontato e superato un po’ con le ossa rotte, almeno per quanto riguarda i dati di vendita e i riscontri commerciali. Ci sono voluti cinque anni ma alla fine quello che tutti si aspettavano è successo, ed ecco quindi i Venom riuniti nella storica formazione degli esordi, quella che più di tutte ha impressionato i fans, oltre ad aver lasciato al mondo dell’estremo dischi seminali come Welcome To Hell e Black Metal. Dai gloriosi esordi però ne è passato di tempo e i Venom sono cambiati, ma soprattutto la musica (e il Metal con essa) è cambiata, quindi è inutile aspettarsi dal disco della reunion una rilettura anacronistica di certi schemi stilistici. Cast In Stone mostra al contrario una band solida, che sfrutta una produzione dei suoni curata e robusta, adatta a enfatizzare i tempi medi schiaccianti di canzoni come The Evil One, Bleeding e Destroyed & Damned. Fa piacere sentire la voce maledetta di Cronos mentre viene accompagnata dai riff di Mantas e dallo scandire ritmico di Abaddon, ma fa soprattutto piacere constatare come i Venom non si accontentino di rispolverare questo nome di culto, ma cerchino una nuova chiave di lettura per la loro musica. Non si sono scordati da dove provengono ma almeno sono ben coscienti che non ci si può fossilizzare in quell’immaginario, e di conseguenza ben vengano soluzioni più al passo con i tempi, dove in sostanza la pulizia dei suoni va in parallelo con brani maggiormente elaborati e definiti. Cast In Stone ha avuto la funzione di riconciliare la band con il pubblico che negli ultimi anni li aveva abbandonati per strada, ma in maniera maggiore getta le basi per il successivo Resurrection che possiede un titolo profetico; album in cui i Venom riescono a catalizzare e concentrare le intuizioni di Cast In Stone in un qualcosa di maggiormente coeso e ispirato.