Copertina 5,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2003
Durata:67 min.
Etichetta:Nuclear Blast
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. EAGLEHEART
  2. SOUL OF A VAGABOND
  3. FIND YOUR OWN VOICE
  4. FANTASIA
  5. LEARNING TO FLY
  6. PAPILLON
  7. STRATOFORTRESS
  8. ELEMENTS
  9. A DROP IN THE OCEAN

Line up

  • Timo Tolkki: guitars
  • Timo Kotipelto: vocals
  • Jens Johansson: keyboards
  • Jorg Michael: drums
  • Jari Kainulainen: bass

Voto medio utenti

Avevamo lasciato gli Stratovarius con un album deludente quale "Infinite", che definire "a million light years away" dalle loro migliori uscite sarebbe stato un eufemismo. Sono tornati sugli stessi bassi livelli con un singolo decisamente sottotono, banale ed insipido quale "Eagleheart", che si alzava di un minimo solamente con la coraggiosa b-side che non è poi nemmeno andata sul full-length; ecco ora uscire, finalmente, questo attesissimo e strombazzato "Elements part.I", nel quale personalmente speravo parecchio. Ad aprire è la canzone scelta per il pessimo singolo, sulla quale non mi sento di infierire ulteriormente; gli inediti cominciano con una "Soul of A Vagabond" che mi fa subito tirare un sospiro di sollievo. Non siamo dinnanzi a niente di eclatante e fuori dalle righe, ci tengo a metterlo in chiaro, ma tornano piacevolmente spunti tutt'altro che prevedibili e banali, specie nell'incedere cupo e passionale che porta alla strofa; su un basso distorto s'impone un Kotipelto francamente poco in forma che si lascia andare a più d'una imprecisione. Buono il refrain, possente e maestoso, che fa quasi dimenticare l'insulsaggine dozzinale della precedente "Eagleheart" e che lascia ben sperare per il resto dell'album. "Find you own Voice" ci riporta gli Stratovarius alle prese con speed/power song tirate e guidate dalla doppia cassa smisuratamente veloce del buon vecchio Jorg, che pare finalmente sfogarsi dopo le opache ed insignificanti parti di batteria delle songs precedenti. "Fantasia" riprende in parte il discorso tentato dalla seconda traccia; il brano, particolarmente articolato, si apre a modo grazie all'ottimo lavoro alle tastiere di Johansson e al riffing qui sostenuto della chitarra di Tolkki; presto però si scivola nell'ovvietà, che tocca il culmine nel refrain, orecchiabile quanto dannatamente pedestre e sdolcinato. Si deve attendere il quinto minuto della canzone per ritrovare gli Stratovarius di una volta, in grado di sfoderare gli artigli e ottimi spunti compositivi. Altro raid nella velocità per equilibrare con "Learning to Fly", piacevole ma anch'essa insipida e caratterizzata da un songwriting prevedibile e scarno. E' ora il turno di "Papillon", brano che porta con sé una ventata di malinconia; pur con i suoi limiti, in primis un Kotipelto ancora una volta approssimativo, "Papillon" è forse l'unico brano che davvero riesce ad emozionare e commuovere come accadeva una volta con ogni canzone degli Stratovarius. Immancabile la traccia strumentale, nella quale la band (e Tolkki soprattutto) si dimostra tanto veloce quanto inespressiva nell'esecuzione tecnica; non basta un Jens Johansson come sempre impeccabile per risollevare una canzone che risulta fumosa e triviale, di quelle che comunque, ahimè, gli Stratovarius si ostineranno sempre a fare. I dodici minuti della title-track si delineano sin dal principio altalenanti, proprio quanto episodi similari già apparsi nei precedenti lavori, primo tra tutti "Infinity". Si passa da ottime soluzioni cupe a caramellosi intermezzi acustici evitabili, prima di scivolare all'azzeccato tema portante ricorrente del brano; nulla di sbalorditivo, ma qualcosa in più rispetto al resto in questa "Elements" lo si trova. Si va a chiudere con la scadente "A Drop in the Ocean", classica ballad acustica, che con la sua ventata stucchevole di vivacità non raggiunge nemmeno lontanamente i livelli toccati da una "Forever". Insomma, nel complesso si tratta di un album prevedibile, nel quale gli Stratovarius cercano di variare un minimo integrando inserti sinfonici più magniloquenti e approdando a strutture più complesse; il risultato è indubbiamente migliore di "Infinite", ma siamo ancora su terreni troppo soft e lontani dai fasti di un tempo. Se avete apprezzato il penultimo lavoro, questo è un album che fa per voi; se invece le vostre orecchie non sono di legno, statevene lontani da questa catasta di prevedibilità musicale leziosa e banale.

Recensione a cura di Lorenzo 'Txt' Testa
Disco da rivalutare

Disco che tenta, senza stravolgimenti, di cambiare qualcosa rispetto all'ormai abusato standard Stratovarius, con arrangiamenti sinfonici e maggior articolazione dei brani (Fantasia, Elements e Papillon ne sono ottimi esempi). Il tentativo segnava a mio avviso la strada da seguire, visti anche i deludenti risultati di Elements 2 (che invece torna al passato, ma senza ispirazione) e Stratovarius (che ha semplificato assurdamente il sound).

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