Copertina 8

Info

Past
Anno di uscita:1999
Durata:50 min.
Etichetta:Roadrunner
Distribuzione:Warner

Tracklist

  1. ENTER THE PHOENIX
  2. DESIRE TO FIRE
  3. NOTHING LEFT
  4. THE BLOOD, THE SWEAT, THE TEARS
  5. SILVER
  6. FROM THIS DAY
  7. EXHALE THE VILE
  8. MESSAGE IN A BOTTLE
  9. DEVIL WITH THE KING'S CARD
  10. I DEFY
  11. FIVE
  12. THE BURNING RED

Line up

  • Robb Flynn: vocals, guitars
  • Ahrue Luster: guitars
  • Adam Duce: bass
  • Dave McClain: drums

Voto medio utenti

Con i primi due dischi i Machine Head si sono consegnati alla storia del metal e avrebbero potuto anche smettere di fare dischi, ma Robb Flynn ne ha ancora e decide, per la terza volta consecutiva, di virare sound, questa volta in maniera radicale e, perciò, discutibilissima.
Intendiamoci, chi ha amato i primi due dischi ha fieramente disprezzato la svolta rap metal di “The Burning Red”, ma ad onor del vero, nella mia modesta opinione, i Machine Head mettono a segno l'ennesimo colpo vincente.
Tanto si è detto di questo disco, e probabilmente ad un analisi superficiale si potrà ritenere che sia il frutto della paraculaggine commerciale di Robb Flynn. In un momento nel quale il Nu Metal è all'apice i Machine Head si mettono in scia. La verità è che, al di là dell'onestà intellettuale di questo disco, i Machine Head non si mettono in scia a nessuno, sono dei leaders non dei followers e, quindi, danno alle stampe un signor disco.
Quando parlo di signor disco parlo di canzoni con un songwriting maturo e di qualità media elevata, quasi come se avessero suonato sempre questo genere, con la bravura nel sapere dosare sapientemente la componente metal (che c'è, caspita se c'è!) e la componente rap/crossover. Il resto lo fanno la presenza di Ross Robinson dietro la consolle (al posto di Colin Richardson) e l'assenza di Logan Mader, la componente più heavy della band.
Con questo disco i Machine Head non fanno altro che inglobare nel modo più naturale possibile, direi, le influenze hip-hop che si portano dietro inconsciamente (ricordate la cover di Ice-T del precedente disco?). E la prova n’è il fatto che i Machine Head non si limitano a rappare giusto per rendere i pezzi “carini” e orecchiabili, il loro hip-hop ha la funzione di rendere estremamente dinamiche le loro songs. Sono riusciti a prendere dall’hip-hop la sua caratteristica principale e, se così possiamo dire, più “metal” ovvero la dinamicità, l’hanno fusa con l’approccio hardcore del nuovo suono americano e con le loro radici più prettamente metal e thrash. Da questo punto di vista, quando è uscito questo disco, ancora una volta, nessuno suonava come i Machine Head.
The Blood, The Sweat, The Tears” è il crossover definitivo, “From This Day” è rap metal incazzatissimo, non mancano i pezzi più tradizionali come “Exhale The Vile” e “Devil With The King’s Card”, dedicata non molto amichevolmente a Logan Mader.
Rimarchevole è anche la cover di “Message In A Bottle” dei Police.
Si può discutere questo disco e le scelte che ne sono a monte, ma non si può negare la qualità dello stesso, al di là dei gusti.

Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 13 feb 2016 alle 17:52

Poco capito dai soliti sfigati del "non è true, allora fa cagare", ma è l'ennesimo capolavoro della band di Oakland, uno dei più grandi lavori di nu-metal mai concepiti...da avere

Inserito il 06 feb 2016 alle 12:41

Concordo in pieno, ogni singola parola e motivazione.

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