Copertina 10

Info

Past
Anno di uscita:1996
Durata:72 min.
Etichetta:Roadrunner Records

Tracklist

  1. ROOTS BLOODY ROOTS
  2. ATTITUDE
  3. CUT-THROAT
  4. RATAMAHATTA
  5. BREED APART
  6. STRAIGHTHATE
  7. SPIT
  8. LOOKAWAY
  9. DUSTED
  10. BORN STUBBORN
  11. JASCO
  12. ITSÁRI
  13. AMBUSH
  14. ENDANGERED SPECIES
  15. DICTATORSHIT
  16. CANYON JAM

Line up

  • Max Cavalera : vocals, guitar, berimbau, acoustic guitar
  • Andreas Kisser: guitar, acoustic guitar, sitar, backing vocals
  • Paulo Jr.: bass, timbau grandé
  • Igor Cavalera: drums, timbau, djembe

Voto medio utenti

Roots” è il miglior disco dei Sepultura e di tutti i progetti e le band ed essi collegati, ed è uno dei migliori dischi se non dei più influenti di tutta la storia del metal. Chi non è d'accordo con questa presa di posizione può anche abbandonare la lettura di questa recensione, perché alla fine sono sicuro che gli farà male il fegato.
Nel 1996, all'alba del fenomeno nu metal, che fa della contaminazione tra stili e generi il suo credo, i Sepultura danno luce al crossover definitivo, musica che ruota intorno a due pilastri, la contaminazione, appunto, e il concetto di tribù.
Se prima di “Roots” potevano fregiarsi di un thrash/hardcore sì piacevole, ma modesto nei risultati, (perchè senza questo disco i Sepultura sarebbero rimasti un'onesta band di metallari thrashettoni) con il presente disco i nostri vanno oltre, in un territorio dove nessuno ancora si era spinto. Inglobano un approccio tribale, si aprono alle nuove influenze del suono americano, lo ipervitaminizzano con il loro approccio thrashcore e tirano fuori 15 tracce che spaccano culi a go go. Aggiungete che produce Ross Robinson e una serie di collaborazioni con artisti emergenti, come Jonathan Davis, Mike Patton, Dj Lethal, che creano quella tribù, intesa come comunità di artisti che si influenzano a vicenda che sarà il leit motiv della carriera di Max Cavalera.
Apre il singolo “Roots Bloody Roots”, un pezzo pesantissimo ma dalla melodia che ti si ficca in testa e raggiunge anche quelle fasce d'ascolto non proprio avvezze al metal pesante.
Da quel momento è un'infilata di pezzi clamorosi, mastodontici, nei suoni e nell'esecuzione.
Attitude” è un carrarmato che non si ferma davanti a nulla, “Cut-Throat” è un inno di rabbia cieca e violenta, nella quale Max Cavalera realizza la sua miglior prova vocale di sempre, ruvida e barbarica.
Poi arriva “Ratamahatta”, in collaborazione con Carlinhos Brown ed è tribal metal come mai prima e mai dopo.
Breed Apart” e “Straighthate” sono altre due mattonate di rabbia furibonda, massiccia e incazzata, ma nulla in confronto alla scheggia crust/hardcore di “Spit”.
Non c'è un attimo di requie, non una caduta di tono, non una nota fuori posto, non un solo secondo di riempitivo.
Poi arriva “Lookaway”, il pezzo nel quale la collaborazione delle guest-stars assume una dimensione compiuta, nel quale il groove ti sale lento e mellifluo in gola ed esplode dilaniandoti il torace.
Quando forse avremmo bisogno di un intermezzo, un riempitivo, i Sepultura infilano un'altra micidiale doppietta con “Dusted” e, soprattutto, la lancinante e virulenta “Born Stubborn”, pura e selvaggia aggressione sonora.
Ok, è arrivato il momento della pausa, con “Jasco “ e “Itsari”, ma solo per mostrarci che la contaminazione non è solo un mezzo per mostrarsi al passo coi tempi, ma un'esigenza che è viscerale e che si serve, da un lato, di strumenti propri della tradizione tribale e, dall'altro, si spinge fin nelle più remote zone dell'Amazzonia per jammare con la tribù Xavante.
Dopo la quiete arriva la tempesta e “Ambush” è molto più di una tempesta, è un uragano delirante che, nel cantare le sventure della foresta amazzonica, distrutta ad opera di speculatori, da vita ad un finale grindcore che piscia letteralmente in testa a qualsiasi altro gruppo che abbia mai osato definirsi in tal guisa.
Chiudono il disco “Endangered Species”. “Dictatorshit” e una ghost track tribale registrata nella foresta amazzonica, per non farci mancare proprio nulla.
Un disco fondamentale di una band che nasce e muore qui, e che, pur tuttavia, si consegna alla leggenda.

Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino
Ignobile

semplicemente un riempitivo nella discografia dei Sepultura. Pochi gli spunti interessanti. Meglio concentrarsi su altro.

Indecente

Indecente. Non ci sono altre parole.

roots

che schifo

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 07 mar 2016 alle 21:45

Uno dei rarissimi casi in cui mi trovo d'accordo con Schettino... Certo non un dieci, ma il miglior album della loro seconda parte di carriera, per quanto riguarda la prima direi che Beneath The Remains è oltremodo più death di Arise, dunque...

Inserito il 07 mar 2016 alle 20:17

Restiamo in un tema così (ipoctitamente imho) caro ai Sep. Roots sta alla musica (metal ma non solo) come gli Xavantes stanno alla fisica quantistica.

Inserito il 07 mar 2016 alle 19:00

10?no dai,questo disco è una inenarrabile rottura di coglioni,un peto in salsa carioca...i sepultura migliori sono quelli di Arise a parere mio,questo è buono solo come sottobicchiere

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