Copertina 7

Info

Genere:Punk
Anno di uscita:2007
Durata:50 min.
Etichetta:People Like You
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. POWDER PAIN AND MISERY
  2. MY SLAUGHTERING WAYS
  3. THE PHANTOM RIDER
  4. ENDLESS SLEEP
  5. WE WANNA WRECK HERE
  6. THE CUTTER CUTS WHILE THE WIDOW WEEPS
  7. QUEEN OF THE WILD WILD WIND
  8. SHADOW TIME
  9. LIE DOWN
  10. YOU WANT IT I GOT IT
  11. BLACK BLACK NITE
  12. PARADISE LOST

Line up

  • P. Paul Fenech: vocals and guitars
  • Simon Linden: bass
  • Wolfgang Hordemann: drums

Voto medio utenti

Cosa aspettarsi da un nuovo album dei Meteors? Semplicemente quello per cui sono famosi: delirante psychobilly!! Sono più di venticinque anni che P. Paul Fenech e soci ci deliziano con il loro mix di rockabilly, punk, surf, blues e country, il tutto, naturalmente, infarcito di testi che trattano temi horror, di violenza e di sesso, e questo nuovo “Hymns for the hellbound” non è certo da meno… Si parte subito alla grande con “Powder pain and misery”, e si capisce fin dalle prime note quale sarà l’atmosfera portante di questo cd. Il rockabilly forma la colonna portante dei brani dei nostri, ma le incursioni nei generi citati prima sono più che frequenti. Come nel caso di “My slaughtering ways”, dove è il surf a fare capolino, o di “The phantom rider”, dalle forti venature country. Se invece volete fare un salto nel passato, ai tempi in cui impazzavano pezzi come “Summertime blues” o “Be bop a lula”, non dovete fare altro che andare alla traccia numero quattro, “Endless sleep”, brano lento in cui la voce roca e particolarissima di Paul si esprime al meglio. Inutile dire che “Hymns for the hellbound” farà la felicità di tutti gli estimatori del genere, così come di chi riesce a cogliere le varie sfumature della musica. Se non avete paraocchi, insomma, il nuovo cd dei Meteors è formalmente perfetto per passare un’oretta in spensieratezza. Se cercate innovazione guardate pure altrove, questa è musica di altri tempi, suonata ancora con il contrabbasso dal buon Simon Linden. Se gli Stray Cats hanno da sempre rappresentato il lato più scanzonato del rockabilly, i Meteors sono certamente tra i migliori nell’incorporare quel lato horrorifico da sempre presente nelle loro composizioni. Rockabilly classicissimo per “We wanna wreck here”, mentre torna ancora prepotentemente alla carica il surf più sfrenato per “The cutter cuts while the widow weeps”, strumentale che ricorda molto il Dick Dale più energico, senza dimenticare i grandi Shadows del vecchio Hank Marvin. Ascoltando il cd fino alla fine si nota sicuramente come il lato più ‘punkaiolo’ e sguaiato sia meno presente nelle nuove composizioni, mentre non manca l’irriverente capacità di Fenech nel provocare l’ascoltatore con tematiche che si rifanno all’immaginario collettivo dei vecchi film horror, quindi zombie, donnine discinte e l’immancabile Baphometh, in bella vista anche nella simpatica copertina. Ovviamente il tutto è preso molto alla leggera, più per provocare che per altro, ma è da sempre un loro trade mark… Con “Shadow time” vi catapulterete in un film di Tarantino, mentre con “Lie down” viene fuori ancora una volta il lato più rock ‘n’ roll, così come nella penultima traccia del cd, “Black black nite”. Chiude l’album “Paradise lost”, brano leggermente più riflessivo, che nasconde, dopo qualche minuto di silenzio, la ghost track del cd. C’è poco altro da aggiungere per un disco del genere. Come già detto in precedenza non c’è niente di nuovo all’orizzonte, ma per gruppi come i Meteors questo conta poco. L’importante è che le dodici track presenti siano quanto di meglio ci si potesse aspettare dalla band di Fenech, ancora una volta molto ispirato e convinto di quello che fa… Il cd scorre via benissimo, e vi assicuro che alla fine dell’ultima traccia premerete di nuovo play e inizierete a ballare come idioti nella vostra stanza. I Re dello psychobilly sono ancora una volta tra noi, e se dopo venticinque anni riescono ancora a produrre cd come questo “Hymns for the hellbound” c’è da scommettere che lo saranno ancora per molti e molti anni…
Recensione a cura di Roberto 'Dulnir' Alfieri

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