Copertina 6

Info

Anno di uscita:2007
Durata:63 min.
Etichetta:Escapi
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. DOING TIME
  2. MUSCLE AND SOUL
  3. CACTUS MUSIC
  4. THE GROOVER
  5. HI IN THE CITY
  6. NITE TO DAYS
  7. LIVIN’ FOR TODAY
  8. SHINE
  9. ELECTRIC BLUE
  10. BROTHERS KEEPER
  11. BLUES FOR MR. DAY
  12. BLAME/GAME
  13. GONE TRAIN GONE
  14. JAZZED

Line up

  • Jimmy Knues: vocals
  • Jim McCarty: guitar
  • Tim Bogert: bass
  • Carmine Appice: drums

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Ennesima uscita dedicata ai rockers più nostalgici o ai cultori di storia musicale. Perchè i Cactus sono la classica cult-band per pochi intimi ma del tutto ignota al grande pubblico dei giovani, molti dei quali non erano neppure nati quando gli statunitensi calcavano i palchi di mezzo mondo.
La formazione appartiene infatti all’epoca, nonchè alla scuola, di Cream, Ten Years After, Canned Heat, John Mayall e compagnia, però rispetto agli illustri colleghi ha lasciato tracce molto più fievoli del suo passaggio.
Gran parte della notorietà del gruppo è legata alla presenza nelle sue fila di una coppia di personaggi come il bassista Tim Bogert ed il batterista Carmine Appice. Musicisti che in seguito si sono costruiti una rilevante carriera, grazie soprattutto ad innumerevoli collaborazioni nella scena rock internazionale.
I due amici avevano partecipato alla fulgida ma breve parabola dei Vanilla Fudge, altro nome remoto di buon successo nella seconda metà dei ’60. Dopo il loro scioglimento, avvenuto agli albori dei seventies, Bogert e Appice danno vita ai Cactus, decisi a cimentarsi con qualcosa di diverso dal bizzarro psycho-rock-sinfonico suonato nei Vanilla. Precisamente con un classico hardblues elettrico, di gran moda in quel periodo storico. La tradizionale miscela di temi sofferti ed avvolgenti, sferzate chitarristiche iper-sature, un pizzico di psichedelia e rare incursioni nell’orecchiabilità pop-rock.
Quattro lavori estesi in poco meno di tre anni, buoni ma non superlativi, poi nel ’73 Bogert ed Appice accettano di entrare nella band di Jeff Beck e da quel momento i Cactus spariscono dalle scene.
Ma oggi non si è mai certi che un gruppo sia definitivamente scomparso, perché all’improvviso te lo puoi ritrovare davanti vispo ed arzillo come un tempo. Proprio ciò che capita con questa band, rientrata nel giro dopo oltre tre decadi con un nuovo album, il quinto della loro discografia.
La foto del gruppo è impietosa. Mostra quattro signori che onestamente ti aspetteresti d’incontrare in qualche circolo dopolavoristico, non di sicuro sul palco di un festival rock. Ma il mestiere c’è ancora, d’altronde si tratta di professionisti ultra-veterani, così come la competenza in questo stile musicale.
Purtroppo ciò che manca è l’atmosfera degli anni ’70, le vibrazioni del massimo momento espressivo per quanto riguarda il rockblues. In quegli anni la contaminazione elettrica della tradizione blues, specie quella più ruvida e fragorosa, portava con sé valenze di innovazione e provocazione che oggi hanno perso qualsiasi significato. L’assenza di carica trasgressiva, fa apparire un disco come questo puro esercizio scolastico. Ben fatto e ben suonato, giusto rimarcarlo, ma debole nell’impatto ed un po’ingiallito dal tempo come le vecchie foto scolastiche delle elementari.
Qualche piacevole sprazzo energico, vedi “Doing time” e l’irresistibile “Cactus music”, ed un paio di ottimi blues notturni e tormentati, in particolare l’appassionata “Nite to days” dove risplende la chitarra di Jim McCarty, unico componente non originale della band.
Però alla fine è un lavoro che nulla aggiunge e nulla toglie a ciò che già sapevamo, sia riguardo i suoi protagonisti che sul genere proposto. Ancora una volta affiora il sospetto che l’operazione miri soltanto a sfruttare la moda del revival, dunque un disco realizzato con cura ma privo di vere motivazioni.
Così, a meno di essere fans dei Cactus o fanatici dell’antico rockblues, il loro quinto capitolo non può esibire particolari attrattive.

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