Copertina 6,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2007
Durata:40 min.
Etichetta:Mascot
Distribuzione:Edel

Tracklist

  1. THE DREAMS WITHOUT ENDS
  2. FLESH FESTIVAL
  3. CITY OF IB
  4. MONOLITHANY
  5. THE PRIMITIVE MACHINERY
  6. ORBITING A DEAD SUN
  7. SCORN EMPIRE
  8. MONOLITHANY PT.II
  9. THE DOOM THAT CAME TO...
  10. SARNATH (CITY OF IB PT. II)

Line up

  • Rogga Johansson: vocals , guitars
  • Johan Berglund: bass
  • Dan Swano: drums , keyboards

Voto medio utenti

Se è vero che dalla Svezia continuano ad uscire tonnellate di dischi indirizzati tutti verso le canoniche sonorità death/thrash oramai imparate a memoria da tre quarti della popolazione metallara estrema del globo, è anche vero che ogni tanto spunta qualche gruppo intento a pescare ancora più indietro nel tempo, per recuperare quelle sonorità più legate a quanto prodotto dai primi Entombed, Dismember, Grave e via sminuzzando. I Demiurg appartengono a questa casta, e forse non è un caso ce dietro alla creatura comandata da l buon Rogga Johansson compaia la testolina di Dan Swano, intento a ricoprire il doppio ruolo di produttore dell'album e session musician dietro le pelli. Il risultato di tutto ciò è questo "Breath of the Demiurg", vero concentrato di riffs ad alto peso specifico reso ancora più pesante dal suono forgiato nelle fucine degli Unisound Studios. Durante l'arco delle dieci canzoni proposte in effetti si respira aria di antichi Edge of Sanity, pur se rielaborata e diciamo piuttosto modernizzata, dove i pezzi cadenzati fanno il bello e cattivo tempo, solo raramente inframmezzati da qualche sfuriata un po' più aggressiva. Parte dell'album si incentra su tematiche care a Lovecraft, in particolare ad uno dei suoi racconti di gioventù più famosi ("Il destino che colpì Sarnath"), anche se in realtà ben poco di quell'atmosfera mistica e mitologica emerge in songs quali "City of Ib" o "The Doom That Came to...". La realtà è che tutto sommato le numerose buone idee che affiorano nel disco vengono letteralmente fagocitate all'interno di questo mostro, probabilmente per colpa di un songwriting eccessivamente cristallizzato sulla stessa formula e per qualche discutibile scelta sull'ordine dei brani, che propone ad esempio in sequenza le iniziali "The Dreams Without End" e "Flesh Festival" che hanno il riff portante praticamente identico. Come album d'esordio può andare ancora bene, ma attendiamo i Demiurg alla prova di maturità con il prossimo lavoro.
Recensione a cura di Roberto 'Robbyy' Corbatto

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