Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2006
Durata:40 min.
Etichetta:Elektrohasch
Distribuzione:Brainstorm

Tracklist

  1. EVERYBODY’S GONNA LOSE THEIR HEADS
  2. THE LONGEST HOUR
  3. LEONE
  4. THE RIVER
  5. SLATE BLUE SKY
  6. PSYCHOMANIA
  7. AMPHIBIA
  8. SAVE ME
  9. BEYOND THE REVOLUTION
  10. LEONE (REPRISE)

Line up

Non disponibile

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Proseguendo in una politica di poche uscite ma ben selezionate, la piccola Elektrohasch mette a segno un altro buon colpo pubblicando il primo album dei The Kings of Frog Island, progetto personale di Mat Bethancourt, chitarrista/cantante dei conosciuti Josiah.
Un lavoro che farà felici i fans dei primi Monster Magnet e del rock acido ’60-’70, visto che le coordinate musicali sono quelle ed i brani si presentano come una raccolta di vibranti gioiellini.
Il trio adotta uno stile molto ruvido ed istintivo curando però ogni dettaglio senza lasciare nulla al caso, rispetta in pieno la forma canzone ma non rinuncia agli escapismi psichedelici, ed ancora abbellisce il sound di profumi vintage evitando di eccedere nella devozione ad un passato lontano. Abbiamo quindi una serie di canzoni brillanti, fresche, limpide, definite, riconoscibili, di gran gusto e personalizzate da soluzioni assai differenti.
Si parte dal tiro impetuoso e vibrante di “Everybody’s gonna lose..”, un derivato Blue Cheer-iano che farebbe gola ad On Trial e Baby Woodrose, passando per il pulsante stoner acido “The longest hour” dal sottile feeling desertico, culminando con due bombe ultra-sature e torrenziali quali “Psychomania” e “Beyond the revolution”, formidabili hypno-trip chitarristici che ci catapultano indietro nel tempo all’epoca di “Superjudge”, facendoci riassaporare quelle eccitanti sensazioni stordenti che gli ultimi Magnet non ci hanno più regalato.
Ma il gruppo non si accontenta ottusamente di scaricare soltanto distorsioni lisergiche, al contrario coltiva anche un proprio lato acustico ed intimista che frutta un paio di gemme dalla pregiata fattura. Per prima il delicato strumentale “Leone”, ripreso anche brevemente nel finale, ma soprattutto la straziante “The river”, una dark-ballad di abissale mestizia che trasmette vibrazioni così tragiche e dolorose da far scorrere qualche brivido lungo la schiena.
Annotiamo infine l’ottimo episodio rilassato ed agrodolce “Slate blue sky”, dove si coglie un leggero richiamo alle melodie desert-rock di Masters of Reality o Fatso Jetson, insieme al liquido strumentale “Amphibia” costruito sull’ispirato lavoro di Bethancourt, ed abbiamo motivi più che sufficenti per promuovere il disco a pieni voti.
Certo come sempre non è il caso di perdersi in iperboli elogiative, è sufficiente parlare di musica fatta bene, idee valide, un panorama di soluzioni vario, un disco psych-rock ricco di qualità ed abilità tecnica.
Non è certo la prima volta che formazioni messe in piedi da musicisti già noti nell’ambiente alternativo sorprendono con lavori di ottimo livello e “good vibration”, basti pensare ai già citati Baby Woodrose o ai vari Green Leaf, Mondo Generator, Eagles of Death Metal, ecc. Una lista alla quale ora possiamo aggiungere a chiare lettere il nome dei The Kings of Frog Island, nella speranza che il loro valido esordio non resti un episodio isolato.

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