La biografia dei napoletani The Dead Dogs ci parla di un gruppo che ha attraversato una lunga fase di evoluzione. Attivo da un lustro, il quartetto inizialmente si era orientato verso il metal di ultima generazione, sfruttando le precedenti esperienze di alcuni dei componenti. Con il trascorrere del tempo sono però subentrate altre influenze ed il sound è migrato gradatamente verso il territorio sludge/heavy stoner, con il gruppo sempre più coinvolto nel nuovo corso intrapreso. Un primo demo uscito nel 2003 è testimone della trasformazione in atto, mentre questo secondo capitolo "Man or foreman" dovrebbe confermare in maniera netta i confini della proposta. La traccia iniziale, da cui il lavoro prende il titolo, esprime con chiarezza gli orizzonti stilistici dei The Dead Dogs. Trame spesse, pesanti e metalliche, frutto di riffs dall'andamento circolare, ritmiche pachidermiche e fangose accostabili a quelle di gente come Down, Alabama Thunderpussy, Soilent Green, ecc, con intermittenti frenate di stampo sludge. Anche l'aspetto vocale punta su tonalità truci e disturbanti, dal ringhio grezzo e cavernoso all'urlo isterico più vicino al passato metallico. Nell'insieme i The Dead Dogs esprimono un buon discorso di heavy stoner cupo e muscolare, sostenuto dal necessario impatto massiccio e vischioso che richiama più la scena americana che quella europea. Però non tutto viaggia ancora a pieni giri. Qualche passaggio sembra un po' macchinoso e carente di fluidità, forse per un eccesso di confidenza con i cambi di ritmo, inoltre l'andamento dei brani tende ad uniformarsi per la bassa frequenza dei guizzi di fantasia. Comunque le idee ci sono e la tecnica è all'altezza, ma soprattutto nei campani vedo attitudine ed attributi, una positiva cattiveria ruvida sulla quale costruire il proprio futuro.

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