Copertina 7,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2006
Durata:50 min.
Etichetta:Metal Blade
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. MECHANISM OF STANDSTILL
  2. LET THE TEMPEST COME
  3. PLAGUEHERITAGE
  4. GOD-FORSAKEN SOIL
  5. HEAVENHELL
  6. DESECRATORS
  7. THE CRIMSON VOID
  8. I LOVE THE WORLD
  9. PARADIGM LOST
  10. LIFE DAMAGES THE LIVING
  11. SCARS OF GRAY

Line up

  • Benny Hilleke: vocals
  • Tobias Buck: guitars
  • Stefan Keller: guitars
  • Benjamin Donath: bass
  • Sebastian Heldt: drums

Voto medio utenti

Correva l'anno 1995, gli At The Gates pubblicavano "Slaughter of the Soul" e di fatto creavano, o quantomeno apportavano un contributo decisivo per la sua nascita, il cosiddetto "Gothenburg sound". Ancora oggi tantissime bands risultano marcatamente influenzate da tale tipo di sonorità, e ciò che ovviamente determina o meno il loro successo è il grado di "personalizzazione" della proposta musicale che offrono al mercato discografico estremo ed ai suoi fruitori. Perfettamente calzante con la considerazione di cui sopra è "Let The Tempest Come" dei teutonici Neaera, seconda fatica discografica dopo il buon esordio "The Rising Tide Of Oblivion". Infatti il lavoro in esame, pur pagando un doveroso tributo ai maestri At The Gates, riesce a brillare di luce propria. Si pensi, in primo luogo, alla commistione del tipico melodic-death svedese al black metal meno ruvido(ascoltare, ad esempio, "God-Forsaken Soil"), all'alternarsi di screaming vocals e growl (fin dall'opener, "Mechanism of Stanostill), ad un sound veloce e violento ma mai fine a se stesso, ad improvvisi rallentamenti di "panteresca" memoria (sebbene usati, saggiamente, col contagocce) e, più in generale, ad uno sviluppo dei brani mai scontato. Ottima la title-track nel suo alternarsi tra parti sparate a mille e mid-tempos granitici; apocalittico l'incipit di "Plagueheritage", epica nel suo divenire anche grazie ad un'apprezzabile prova del vocalist Benny Hilleke. Ma è la parte centrale di "Let The Tempest Come" ad offrire i momenti migliori, grazie a veri e propri diamanti grezzi del calibro di "Heavenhell" e "Desecrators"; mentre, nel finale, i Neaera ci consentono di respirare un attimo durante i circa due minuti del soave intermezzo acustico di "Life Damages the Living" per poi chiudere con la maestosa "Scars of Gray", altro momento topico del disco. "Let The Tempest Come" è, dunque, un album di pregevole fattura, non un capolavoro sia chiaro, ma un lavoro che spicca decisamente nell'ambito della mediocrità purtroppo dilagante nella scena estrema attuale.
Recensione a cura di Michele 'Madball' Auriemma

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