Joyless - Unlimited Hate (Reissue)

Copertina 6

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2018
Durata:77 min.
Etichetta:ATMF

Tracklist

  1. INHERENT EMPTINESS
  2. YOUR CRYSTAL FRAGMENTS
  3. BLÅ MELANKOLI
  4. (DON'T NEED) RELIGION (MOTÖRHEAD COVER)
  5. OVERMOTETS PRIS (NEW VERSION)
  6. JOMFRULYSETS FALL
  7. DIMENSION OF THE BLACKEST DARK
  8. FULL CIRCLE (COLIN TOWNS COVER)
  9. FULFILLMENT AND ENTITY'S EMBRACE
  10. SWANSMILE
  11. ROOM OF VELVET SPLENDOUR PT. 2

Line up

  • Olav Berland: Guitars, Bass, Drums, Vocals
  • Nylon: Guitars, Keyboards, Vocals, Harmonica
  • Ida Hellebø: lead vocals

Voto medio utenti

Celebrati dagli appassionati del genere come tra i primi a fondere il Black Metal con altri generi come il Rock e la New Wave creando un genere che si sarebbe sviluppato negli anni a venire, i Joyless pubblicarono nel 1996 il loro primo lavoro "Unlimited Hate".

La band era nata dalle ceneri dei Forgotten Woods, un gruppo black che aveva all'attivo già due album e nel disco in questione, per l'appunto, sono presenti alcune tracce scritte proprio come Forgotten Woods confluite nel nuovo progetto.

A distanza di oltre vent'anni dall'uscita la ATMF ha pensato di ristampare i primi due album dei Joyless,ed, in particolare, nella riedizione di "Unlimited Hate" ha aggiunto l'EP del 1999 "Blue in the Face". Un'occasione, probabilmente, per i fan per recuperare questi album che stanno diventando cult nel loro sottogenere e per chi non li ha mai ascoltati di scoprire la band nel migliore dei modi.

Personalmente, è la prima volta che mi avvicino ai Joyless ed ero molto interessato a queste reissue, in quanto amante del sound di cui la band si chiama pioniera, e da molti considerata l'ispirazione di band molto celebri come i Lifelover, che apprezzo molto.

Il disco si presenta più come una compilation che come un album, sia per il fatto che presenta nella tracklist alcune cover, come ad esempio (Don't Need) Religion dei Motorhead, esterne al genere della band e a causa della presenza dell'EP decisamente troppo lontano dal sound dell'album.

Si parte con la lunga Inherent Emptiness, un manifesto del sound della band in una corposa cavalcata thrash/black con influenze rock. Sicuramente un'idea originale, ma a dirla tutta mi ha stancato in fretta, sia per il fatto che il cantato thrash mal si sposava con la musica, di contro molto interessante, sia per la lunghezza generale non proprio ben giustificata. La colpa qui non è del fatto che si è costruito tutto su un riff, perchè ci sono pezzi molto conosciuti che lo fanno e che superano anche i 10 minuti e che, comunque, non annoiano, ma di un ripetersi come idee e pochissime variazioni sul tema. Un vero peccato, perchè le idee non mancano e anzi, la fusione di generi regala alcuni momenti melodici davvero notevoli.

"Your Crystal Fragments" l'ho trovata già molto più ben costruita, con il suo riff accattivante e un cantato che vira stavolta più sul black. Qui sono le tastiere a farla da padrone e l'atmosfera che si respira è desolante, come è giusto che ci si possa aspettare da un disco del genere. I 7 minuti del pezzo non pesano e confluiscono In "Bla Melankoli" che continua la proposta del pezzo precedente. Più d'atmosfera della precedente, è forse meno incisiva, ma riesce ad emozionare.

I problemi iniziano nella seconda parte dell'album che riprende pari pari la proposta iniziale con pezzi ancora più lunghi e monolitici, difficili da inquadrare e ricordare di cui è facile annoiarsi se non si è così cultori del genere. Io, da parte mia, li ho trovati davvero noiosi, in particolare Overmotets Pris, e mancanti di stimoli e momenti memorabili. In parte è colpa anche del minutaggio dell'album e di una tracklist per nulla agile; stiamo parlando, infatti, di oltre un'ora e venti di musica con più di un pezzo che supera i dieci minuti in un genere che è facile diventi ripetitivo.

Si conclude con una ghost track melodica eseguita alla tastiera, la cover di Full Circle dei Colin Towers. Una conclusione davvero d'atmosfera, che ci trasporta nella sezione bonus dell'album.

Per quanto riguarda l'EP l'ho trovato interessante, ma troppo estraneo alle sonorità dell'album, con pezzi che si rifanno molto più al Rock, ma che lasciano ben poco, oltre che essere canzoni gradevoli. Probabilmente era pensato per essere il collegamento ideale con il secondo album ripubblicato anch'esso nella stessa collana che presentava sonorità più Rock, ma a mio parere era meglio separarlo dal disco principale in un secondo CD. Avrebbe reso questa versione di "Unlimited Hate" più leggera all'ascolto evitando che l'ascoltatore si ritrovasse spaesato dall'improvviso cambio di genere dell'EP.

In conclusione, questo esordio dei Joyless lo ritengo un interessante esperimento e gli fa onore che lo abbiano fatto così in là nel tempo, ma non proprio ben riuscito. Mi sono spesso annoiato durante l'ascolto, pur amando il genere, forse abituato a dischi che hanno evoluto questa proposta. Lo consiglio solo agli appassionati, per chi invece è curioso, consiglio qualche canzone da questo album, in modo da conoscere le origini di un certo sound molto popolare in questi ultimi anni.
Recensione a cura di Andrea Insalaco

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