Copertina 6,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2018
Durata:43 min.
Etichetta:Volcano Records

Tracklist

  1. THE DAY OF RETURN
  2. YOUR SIN
  3. RUN THROUGH THE RESTLESS FOG
  4. WAYFARER
  5. SUBLIME VISIONS
  6. BEING HUMAN
  7. THE SPIRIT OF THE EARTH
  8. DANCE BETWEEN THE ROCKS
  9. INFINITE SOULS
  10. TRUE BLOOD

Line up

  • Nadia Casali: vocals
  • Francesco Braga: growl, scream vocals
  • Matteo Santoro: guitars, ocarina, choirs
  • Paolo Diliberto: guitars, choirs
  • Patrick Segatto: bass
  • John Tagliabue: drums

Voto medio utenti

"The Day of Return" è la terza uscita degli Ephyra, e vede la formazione lombarda fare un bel salto in avanti rispetto al precedente "Along the Path" (2015).
Infatti, pur non cambiando la propria visione musicale, gli Ephyra lasciano intravedere un deciso miglioramento a livello compositivo e negli arrangiamenti, mettendosi alle spalle molte delle ingenuità e dei tentennamenti che avevamo riscontrato in precedenza. Ad ogni modo il loro resta di base un Classic Metal nel quale fanno confluire abbondanti dosi di Epic, Folk e ovviamente di Death Metal, un blend che in alcuni casi riesce meglio ("The Day of Return", "Run through the Restless Fog", "Sublime Visions", "Infinite Souls") e in altri un po' forzato ("Your Sin", "Being Human", "The Spirit of the Earth"), caratterizzato innanzitutto dal fronteggiarsi delle voci di Francesco Braga (in growling e screaming) e di Nadia Casali (melodica e lirica), ma anche dalla presenza di diversi ospiti e dall'insistito utilizzo di strumenti musicali tradizionali come l'Ocarina, e guardando anche all'Oriente, il Morin Khuur (dalla Mogolia), il Koto e lo Shakuhachi (dal Giappone).
Una iniziativa sicuramente interessante ed apprezzabile, ma talvolta voler mettere troppa carne al fuoco può far perdere di vista l'obiettivo finale, che è quello di far delle belle canzoni e non un assemblaggio forzato e talvolta anche non ben riuscito di molteplici soluzioni. La già citata "Being Human" e "Dance Between the Rocks", ne sono un esempio: la prima (come per "All at Once" sull'esordio) è una canzone che deve sicuramente molto ai Running Wild e sulla quale vengono "appesi" abbellimenti orientaleggianti, la seconda invece risulta eccessivamente composita e con un growling poco incisivo, soprattutto nei frangenti solisti.
D'altra parte, come anticipato ci sono momenti che scorrono decisamente meglio e che sono una prova dei progressi messi in campo. Ed è su questi che bisogna insistere, snellendo le composizioni, a costo di rinunciare a qualcosa, per renderle più efficaci e distintive.



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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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