Copertina 7,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2018
Durata:38 min.
Etichetta:Andromeda Relix

Tracklist

  1. INITIATORY DEATH
  2. BLOOD LIBEL
  3. RED DAWN UNDER A CHEMICAL SKY
  4. SOUL CORRUPTION
  5. BRAINS
  6. DECAY OF CIVILIZATION
  7. THE GIFT OF LADY DEATH

Line up

  • H. Skrat: vocals
  • BP Gjallar: vocals, guitars, bass, synth
  • Francisco Verano: drums

Voto medio utenti

Secondo album per gli Akroterion, che rispetto all'esordio ("Commander of Wild Spirits", del 2016) vedono l'ingresso nel gruppo di H. Skrat alla voce e di Francisco Verano alla batteria, ad affiancarsi al polistrumentista e fondatore BP Gjallar
Ma oltre a dei nuovi musicisti "Decay Of Civilization" mostra anche dei miglioramenti rispetto al gia più che valido predecessore, proseguendo sullo stesso percorso musicale, mai banale e costretto da manierismi, tra Black minimale e retrò, Doom crepiscolare, con momenti epici e un tocco melodico e progressive che si insinua nelle pieghe dei disco per ergere con prepotenza nella conclusiva "The Gift of Lady Death".

Ma il brano che mi ha spinto ad approfondire la conoscenza con gli Akroterion, è stata proprio l'opener, "Initiatory Death", per quel morboso e angosciante avvio, a richiamare quella malvagità serpeggiante e incombente alla Dissection, che si quieta per pochi attimi in un passaggio vocale inquietante ed evocativo. La versatilità degli Akroterion, viene ribadita dalla seguente "Blood Libel", cori epici e sfuriate Black che possono far pensare ai Bathory, mentre "Red Dawn Under a Chemical Sky" è cattiveria pura, frontale e furibonda, con un guitarwork crudo e tagliente e il martellare impetuoso di Francisco Verano. Con "Soul Corruption" i ritmi si fanno meno ossessivi e si punta su atmosfere sulfuree e sabbathiane, e se a sorpresa "Brains" coniuga Black Metal e Punk (come dei Warfare fattisi più estremi), è poi la spedita titletrack ad trascinarci giù... attraverso i nove cerchi dell'Inferno, fino alla pace dettata da "The Gift of Lady Death", dove gli Akroterion rinunciano alla violenza musicale e vocale, abbassando i ritmi, privilegiando i toni melanconici e atmosferici, e adottando anche un cantato "pulito".

"Decay of Civilization" è un disco che meriterebbe una maggiore platea di quella dettata da una tiratura di sole 150 copie numerate a mano.



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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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