Copertina 7

Info

Anno di uscita:2018
Durata:32 min.
Etichetta:Relapse Records

Tracklist

  1. TUNNEL UNDER THE TRACKS
  2. DARK TRAIN
  3. ARMY OF COPS
  4. CIRCLE RIVER
  5. THE TORTURE FIELDS
  6. TERMINAL ITCH
  7. CONCRETE BEAST
  8. THE ADVENTURES OF JASON AND JR
  9. MT. SKULL
  10. TRAP DOOR MAN
  11. THE LAST SONG
  12. HOUSE OF SNAKES

Line up

  • Scott Hull: Guitars
  • J.R. Hayes: Vocals
  • Blake Harrison: Synthesizer, Samples
  • Adam Jarvis: Drums
  • John Jarvis: Bass

Voto medio utenti

Da quando ho cominciato a scribacchiare di musica, mi è capito più volte di imbattermi nelle uscite dei Pig Destroyer - partendo da “Terryfier” fino ad arrivare all’EP “Mass & Volume” - saltando solo “Book burner” del 2013.
A questa catena si aggiunge il presente “Head cage”, sesto album in studio per la band di Washington D.C., disco che vede i Pig Destroyer fare un ulteriore passo in avanti nell’evoluzione del proprio sound.

L’ingresso in formazione di una nuova devastante sessione ritmica - al basso John Jervis degli Agoraphobic Nosebleed e alla batteria Adam Jervis dei Misery Index, non i primi sprovveduti che passavano per strada - ha portato ad un lavoro meno convenzionale e più sperimentale di quanto mi aspettassi.

Tenuto conto che, solitamente, la band dedicava agli excursus uscite a parte (v. “Natasha” o “Mass & Volume”) si può affermare senza dubbio che, a questo giro di danze, ha voluto dare una svolta ben precisa alla propria carriera.
Tralasciando volutamente l’intro “The tunnel under the tracks” la lunga e conclusiva “House of snakes” (oltre sette minuti di durata quando le altre undici canzoni si aggirano intorno al minuto e mezzo/due minuti), si nota come accanto alle abituali sfuriate telluriche ci siano episodi con ritmiche più articolate, arricchite da un groove intenso (v, “Army of cops”, “Circle river”, “Concrete beast”).
Pig Destroyer accessibili anche a chi non mastica grind? In una certa misura sì.

Ciò non significa che sia scemata la rabbia e la polemica che da sempre contraddistingue le loro composizioni - tutt’altro – bensì ci troviamo davanti ad un diverso approccio, sotto certi aspetti molto più thrash rispetto a prima.

Un lavoro di transizione che, in quanto tale, lascerà perplessi molti fan della prima ora che con molta probabilità si aspettavano qualcosa di molto più in linea con il passato, ma che apre ai Pig Destroyer nuove ed inesplorate prospettive per il futuro.
Grind not chaos.

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