Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2018
Durata:46 min.
Etichetta:Self-Produced

Tracklist

  1. ASTRO
  2. THERION
  3. ARENA
  4. KARNAVALI
  5. KITRO
  6. LYCANTHROPY
  7. ARGONAUTES
  8. TRAUMA
  9. PARAPONO
  10. PHRYGIA
  11. GRAMMA
  12. FORTUNA

Line up

  • Kostas Diamandis: lead vocals, guitar
  • Dimitris Alexiou: drums, backing vocals
  • George Ioakeimidis: guitar, backing vocals
  • Ilias Platanitis: bass, backing vocals

Voto medio utenti

Esistono dei dischi che spiazzano e "Kitro" è sicuramente uno di questi. Il nuovo full-length degli ellenici spiazza perché non ha nulla a che fare con quanto proposto dalla band finora (ero rimasto al loro technical thrash/death metal, ndr); spiazza perché predilige idiomi che con il rock hanno poco a che fare; spiazza perché la copertina farebbe pensare a tutt'altro; spiazza perché alterna momenti ottimi ad altri estremamente fragili. Ma andiamo con ordine...

Dopo un elegante intro strumentale dal carattere epico e sinfonico ("Astro"), Diamandis e soci ci mostrano da subito il loro lato più concitato e teatrale, vagamente folk ("Therion"). Lo stesso si può dire della successiva "Arena", che spicca per le (timide) incursioni di strumenti tipici locali e per il bel chorus. "Karnavali" è debole su tutti i fronti, dalla melodia agli arrangiamenti, mentre la musica cambia con la titletrack, dai tratti acustici e tribali. I ritmi trascinanti e coinvolgenti caratterizzano sia "Lycanthropy" che "Argonautes" - nonostante un vago senso di eccessiva ripetitività - prima della lunga e più propriamente progressiva (per architettura e per impatto) "Trauma". La morbida ed evocativa "Parapono" prelude all'oscura "Phrygia" e ai suoi cori ipnotici, mentre "Gramma" mette a sistema atmosfere lisergiche e psichedeliche con timbriche heavy e cinematografiche. Chiude il cerchio "Fortuna", bel connubio band/orchestra che ha il sapore dei titoli di coda.

Anche se prevalgono le idee buone rispetto a quelle cattive, penso che "Kitro" sia ben lontano dall'essere un "capolavoro". L'album è sì ambizioso, ma è altrettanto vero che è penalizzato da una produzione da "minimo sindacale", da una performance non pulitissima (in particolare quella del sopraccitato Diamandis al microfono) e da troppi episodi tanto affascinanti quanto sbrigativi e simili tra loro.

Per me poco più che sufficiente.

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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