Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2018
Durata:39 min.
Etichetta:Rockshots Records

Tracklist

  1. MY EVERYTHING
  2. DISCONNECTED
  3. MY KINGDOM FOR A DAY
  4. TAKE ME AS I AM
  5. TEARING US APART
  6. WHEN IT RAINS IT POURS
  7. LIVE BEFORE WE DIE
  8. A LOVE THAT SHINES
  9. MORE HUMANITY PLEASE
  10. HOW DOES IT FEEL

Line up

  • Paulo Barros: guitar
  • Vera Sa: bass
  • Pico Moreira: drums
  • Ray Van D: vocals

Voto medio utenti

Ammetto che non conoscevo Paul BARROS , chitarrista dei portoghesi Tarantula, e ancor meno sapevo che avesse messo in piedi un progetto solista, i Barros appunto
Beh, sono contento di aver colmato questa lacuna
Il disco è una sinergia perfetta di melodic hard rock fra il chitarrista ed il talentuoso Ray Can D, dall'ugola che ricorda Sammy Hagar, con canzoni nelle quali la componente melodica è dominante accentuata da passaggi sulle sei corde che talvolta negli arpeggi e nelle armonizzazioni rimandano addirittura a Eddie Van Helen.
Paul Barros riesce a non risultare ridondante e bada all'essenziale ma lo fa con classe e convinzione, si sentano le irresistibili " My Everyrhing" o " My Kingdom For A Day" dai chorus eccezionali, o "Disconnect" suggellata dai riff di Barros.
C' è una predominanza di ballads ( su tutte "Take Me As I Am" e "Live Before We Die" suggellate da una prova vocale elettrizzante) alcune forse meno riuscite di altre ma comunque mai banali e sempre dominate dalle melodie, dal tocco delicato ma deciso di Paul Barros e dalle vocals di Ray che pur senza sforzarsi è convincente sia nei pezzi lenti che in quelli più sostenuti
I solos sono funambolici quanto basta e sempre ben inseriti nelle canzoni, in alcune tracce i Van Halen dell' periodo Hagar sono dominanti ( la bellissima "A LoveThat Shines"), la titletrack è una ballad con la chitarra arpeggiata, mentre con la conclusiva " How Does It Feel" il ritmo aumenta conducendoci in territori nei quali i Barros sono maestri, le melodie ricche di energia e di feeling
Un disco convincente, che gioca le sue carte migliori sui riff di Barros e la voce ammaliante di Ray.


Recensione a cura di Marco ’Metalfreak’ Pezza

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