Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2017
Durata:40 min.
Etichetta:Spinefarm Records

Tracklist

  1. SAY IT LIKE TO SEE IT
  2. BAD GIRL
  3. PETRICHOR
  4. ELEVATION
  5. IN THE GARDEN
  6. LITTLE WOLF
  7. NEVER
  8. REJECTION
  9. ILLUSIONS
  10. MOTHERFUNK
  11. MON AMOUR

Line up

  • Adam Leader: vocals
  • Rory Kay: guitar, vocals
  • David Mena Ferrer: guitar
  • Faz Couri: bass
  • Sean Gorman: drums

Voto medio utenti

Gli inglesi In Search Of Sun sono dei temerari. Mi hanno ricordato i Glowin Shadow, le cose più soft dei Good Tiger o dei Periphery (e guarda caso alla regia c'è Adam “Nolly” Getgood), ma hanno personalità da vendere, tant'è che inquadrarli è impresa davvero ardua.

Si può sicuramente dire che fanno alternative rock/metal, ma sarebbe troppo riduttivo. "Say It Like You See It" è molto orecchiabile, con melodie di facile presa (ma non per questo scontate), è ricercata e ha un bel tiro, il tutto in soli 4 minuti. "Bad Girl" non è da meno, con le sue influenze funk piegate con successo al contesto rock/metal, e fa il paio con "Petrichor", che spicca per le capacità tecniche dimostrate dalla band. Con "Elevation" i londinesi hanno reso accessibili le intuizioni ritmico-melodiche dei King Crimson degli Anni Ottanta con l'aggiunta di percussioni dal carattere latin, mentre "In The Garden" suona ruffiana e spavalda al punto giusto. "Little Wolf" sfocia rapidamente in "Never", pseudo-ballad dai connotati progressivi che mette a sistema virtuosismi e ritmi tribali. "Rejection" - con lo splendido break sincopato - è heavy e con pochi fronzoli, e prelude a "Illusions", dove il groove coinvolgente è dato dagli ostinati di chitarra e basso. Gli stessi espedienti vengono utilizzati per "MotherFunk" - con una cura maggiore per gli effetti chitarristici - prima della conclusiva "Mon Amour", giocata sulle dinamiche e sul contrasto fra timbriche soffuse e granitiche.

Qualche fade out di troppo (tra l'altro del tutto inutile) penalizza la valutazione finale, ma non posso che accogliere favorevolmente album come "Virgin Funk Mother" che provano a suggerire un futuro per la nostra musica preferita.

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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