Copertina 7

Info

Anno di uscita:2017
Durata:42 min.
Etichetta:Sleaszy Rider Records

Tracklist

  1. THE VOID
  2. SIDEWAYS
  3. A TALE FROM THE LAND
  4. GET OUT
  5. STRONGER THAN BEFORE
  6. DOWN
  7. EMPTY SHELL OF ME
  8. KIMBERLY
  9. BRUTAL GAME
  10. RAINDROPS

Line up

  • Alberto Zampolli: vocals
  • Roberto Gatti: guitar
  • Andrea Fossati: guitar
  • Davide Rovelli: bass
  • Federico Sala: drums

Voto medio utenti

È un buon esordio quello degli italiani Outrider, band di Monza attiva dal 2008 che debutta solo ora con questo full-length intitolato “Foundations”.

Il sound della formazione riecheggia Seattle e gli Anni Novanta in generale (e le sue derivazioni più recenti - penso ad Audioslave o Queens Of The Stone Age), ma condisce il tutto con una buona dose di “cafonaggine” data dalle chitarre incrociate di Roberto Gatti e Andrea Fossati. L’accento posto sulle melodie, infine, è la “ciliegina sulla torta” che rende il tutto accessibile anche a chi - di solito - è abituato ad ascoltare altro (lo stile potrebbe rimandare ai Nickelback).

Episodi come “The Void” o “Empty Shell Of Me” sono la dimostrazione lampante di quanto sopra descritto, e non fanno sfigurare canzoni più propriamente heavy quali “Sideways”, “Get Out”, “Stronger Than Before” o “Brutal Game” - dove va sottolineata l’ottima prestazione del cantante Alberto Zampolli, un po’ Chris Cornell (RIP) e un po’ Russell Allen. Personalmente ho apprezzato le tracce più ricercate (vabbè, per un ascoltatore di prog è la norma, ndr): “A Tale From The Land” spicca per l’arrangiamento elaborato a cavallo tra musica mainstream e sonorità underground mentre “Kimberly” si distingue per l’ampio range dinamico e per le timbriche meno scontate. Non tutto è perfettamente riuscito - “Down” è debole perché non aggiunge nulla di nuovo a quanto finora già sentito, così come la conclusiva “Raindrops”, che è un po’ troppo eterogenea (prima soft, poi grintosa, poi ho sentito dei riff assassini alla Disturbed… decisamente troppo) - e questo aspetto influenza in (minima) parte la valutazione finale.

Mi sarei aspettato qualche assolo in più (si contano davvero sulle dita), anche per dare un po’ di varietà alle strutture dei brani che tendono ad assomigliarsi tutte, ma è un peccato veniale facile da espiare con il prossimo album. Promossi.

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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