Copertina 5,5

Info

Anno di uscita:2017
Durata:49 min.
Etichetta:Echozone
Distribuzione:Soulfood

Tracklist

  1. DNA UNBEKANNT
  2. MANEGE FREI!
  3. TASTSINN
  4. MEINE TRäUME JAGEN MIR HINTERHER
  5. BLUT LüGT NICHT
  6. ZACK! BOOM! BANG!
  7. EINZELTEILE
  8. VATERMAL
  9. PRäPARAT
  10. ICH
  11. PARAKROPOLIS
  12. IT MUST BE IN ENGLISH!
  13. REGENTAGE

Line up

  • Ric-Q: vocals
  • El Toro: guitar
  • MR. SM: drums
  • HALEium: guitar
  • Jammin: bass

Voto medio utenti

I bavaresi Herzparasit suonano un industrial metal gotico sulla scia dei loro conterranei Rammstein, Megaherz e Oomph!, bands a cui si rifanno in maniera piuttosto evidente pur evitando un approccio apertamente imitativo.
Francamente, però, non riscontro nulla di particolarmente appassionante nella terza prova discografica dei nostri, o per meglio dire qualcosa che la possa spingere oltre una poco gratificante tollerabilità d’ascolto.
ParaKropolis” offre un canovaccio sonoro troppo ripetitivo e ordinario, “indurito” dal cantato in tedesco e non supportato in maniera decisiva dagli arrangiamenti elettronici e dalla voce di Ric-Q, la quale, nonostante un bel timbro scuro e melodrammatico, non riesce praticamente mai a magnetizzare i sensi dell’astante.
Un disco a cui manca spessore espressivo e ancor di più quella morbosa capacità attrattiva che caratterizza i migliori esponenti del genere, capaci di condurre l’ascoltatore in un vortice di sinistro e irresistibile coinvolgimento emotivo.
Nel programma troverete pochi momenti assolutamente fallimentari ma anche pochissime “scosse”, limitate, in definitiva, alle atmosfere striscianti di "Tastsinn” e "Ich”, ai riffoni e al coro fanciullesco di "Blut lügt nicht”, al clima enfatico di "Zack! Boom! Bang!” e alle schizofrenie della title-track, piccoli zampilli emozionali in un crogiolo di routine.
Dedicato a chi ama le orchestrazioni tenebrose, infine, i teutonici propongono “Manege frei!” e “Regentage”, soluzioni non del tutto prive d’interesse e tuttavia pericolosamente al limite del kitsch.
E’ mia opinione che per “impressionare” il pubblico di riferimento ci voglia molto di più.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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