Copertina 8

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2017
Durata:62 min.
Etichetta:Massacre Records

Tracklist

  1. EGO
  2. LETHARGY
  3. CRASHING BEYOND THE HORIZON
  4. KYRIE HELLEISON
  5. FINDING X
  6. OSCILLATING
  7. BITTER PILLS
  8. WEIGHT OF THE WORLD
  9. SILENCE
  10. DELUDED
  11. NOCTURNAL DELIRIUM
  12. IT'S NOT A GAME IT'S AN ONSLAUGHT
  13. PURPLE CLOUDS
  14. TRANQUILIZE

Line up

  • Sebastian Brandauer: vocals
  • Herbert Sopracolle: guitar
  • Andreas Maierhofer: guitar
  • Dominik Hormann: bass
  • Rafael Peychär: drums

Voto medio utenti

Arriva dalla vicina Austria la migliore (a parere di chi scrive) proposta in ambito melodic death metal di questi primi sei mesi del 2017, ed è firmata dai Lost Dreams, che con questo"Exhale" giungono al sesto lavoro sulla lunga distanza in una carriera che abbraccia ormai un quarto di secolo, approdando (in ritardo?) finalmente ad una major come la Massacre Records.

L'etichetta di Abstatt premia finalmente gli sforzi che il duo fondatore Andreas Maierhofer ed Herbert Sopracolle, la coppia di asce della band, ha dovuto sopportare nel corso di una lunga carriera spesso contraddistinta da cambi di line up e defezioni improvvise ma sempre fedele alla volontà dei nostri di suonare musica potente, vera ed anti-conformista.

Nella scheda info del disco i Lost Dreams vengono presentati come artisti modern melodic death band: ebbene nulla è più lontano dal vero!
Il suono dei nostri non c'entra nulla con Marianas Rest, Disarmonia Mundi o Jotnar solo per avere dei raffronti: gli austriaci suonano puro melodeath di stampo svedese e -lo dico subito attirandomi gli strali dei fanboy a tutti i costi- rappresentano quello che gli In Flames avrebbero dovuto essere pur nella loro evoluzione (o involuzione, a voi la scelta).

"Exhale" è un disco solido, ben prodotto, arrangiato benissimo e suonato con estrema passione.
La decennale cooperazione tra le due chitarre sgorga da ogni brano esaltando ora i riffs spaccaossa ora i ceselli melodici più toccanti, che non mancano in nessuna canzone.

Il trittico iniziale "Ego", "Lethargy" e "Crashing beyond the horizon" è micidiale nel suo incedere eppure, a rendere accessibile il muro sonoro eretto dalla sezione ritmica Hormann/Peychär, intervengono le chitarre di Maierhofer/Sopracolle che con le loro linee melodiche arrivano dirette all'anima dell'ascoltatore.
Una menzione anche per il vocalist Sebastian Brandauer, bravissimo nel destreggiarsi tra growl, scream e clean vocals.
Le successive "Kyrie Helleison" e "Finding X" sono i due episodi meno riusciti del platter: la prima almeno ha un titolo decisamente azzeccato ma entrambe risultano troppo scolastiche nelle ritmiche e nei cori per essere all'altezza del resto del disco.

Fortunatamente con un breve intro parlato "Oscillating" riporta il tiro su binari azzeccati e da lì è incredibilmente un climax ascendente di pezzi azzeccati e decisamente coinvolgenti: è difficile resistere alla tentazione di un moshing solitario ascoltando "Bitter pills" o "Weight of the world" o ancora la splendida "Deluded" con il suo ritmo trascinante ed il suo bridge malinconico.
Come del resto è impossibile non chiudere gli occhi e viaggiare negli spazi siderali con "Nocturnal delirium" ed i suoi riffs che trasudano malinconia.

Ma il meglio -contrariamente all'abusato detto del veleno nella coda- arriva appunto con gli ultimi brani tra i quali segnalo quella che ritengo essere il punto più alto del disco, la violentissima "It's not a game, it's an onslaught" che per tutti i suoi quasi 4 minuti di durata martella implacabile come appunto un massacro sonoro.
Si tira il fiato con "Purple Clouds" e le sue liriche eteree tutte in clean vocal per poi rituffarsi di nuovo in apnea nella conclusiva "Tranquilize" che mette il punto esclamativo al disco.

Dopo questa sbrodolata mi sento solo di consigliare l'acquisto di "Exhale", oltre un'ora di melodic death metal come va suonato, potente e cattivo ma capace di smuovere anche molto altro.
I Lost Dreams forse hanno finalmente spiccato il volo!

Lost Dreams - "Ego":


Recensione a cura di Alessandro Zaina

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