Copertina 7

Info

Anno di uscita:2017
Durata:39 min.
Etichetta:Kobalt Label Services

Tracklist

  1. GOIN’ IN THE BACK DOOR
  2. ANYTHING GOES
  3. POONTANG BOOMERANG
  4. THAT’S WHEN YOU CAME IN
  5. WRONG SIDE OF THE TRACKS (OUT OF BEVERLY HILLS)
  6. NOW THE FUN STARTS
  7. PUSSY AIN’T FREE
  8. WASTED TOO MUCH TIME
  9. I GOT WHAT YOU WANT
  10. WALK OF SHAME
  11. SHE’S TIGHT (CHEAP TRICK COVER)

Line up

  • Michael Starr: lead vocals, backing vocals
  • Satchel: lead, rhythm and acoustic guitars, backing vocals
  • Lexxi Foxx: bass guitar, backing vocals
  • Stix Zadinia: drums, percussion, piano, backing vocals

Voto medio utenti

Che ci crediate o no, io gli Steel Panther li adoro! Li adoro perché a dispetto della loro immagine (volutamente eccessiva e provocatoria) hanno veramente le palle. Li adoro perché nonostante tutto riescono ancora a non prendersi troppo sul serio, riportando a galla quello spirito goliardico che negli anni, purtroppo, si è perso e che invece dovrebbe essere alla base del rock. Li adoro perché hanno dimostrato ai loro detrattori di non essere soltanto quattro deficienti in calzamaglia, ma di saper comporre ottimi brani, intrisi di testi così irriverenti come non se ne leggevano da decenni.

Lower the bar” è il disco che band ben più blasonate dei nostri vorrebbero essere in grado di scrivere nel 2017. È un tuffo in tutto e per tutto negli anni ’80 del Sunset Boulevard, pur avendo un sound decisamente attuale. Non ci sono riempitivi, ogni brano riesce a catturare fin dal primo ascolto, con refrain che ti entrano in testa prepotentemente e difficilmente usciranno una volta ascoltati (basti “Poontang boomerang” come esempio per capire cosa intendo).

La prova strumentale è come sempre da manuale, soprattutto quella di Satchel, sulle righe grazie all’ottimo lavoro svolto con la sei corde, sia in fase di riffing che di assolo. E se è vero che qua e là continuano a spuntare riferimenti più o meno velati a gruppi come Poison, Motley Crue, Van Halen, è altrettanto vero che ormai la band ha trovato un suo stile personale, e i richiami restano appunto tali.

Tra i brani migliori del disco segnalerei senza dubbio la già citata “Poontang boomerang”, non a caso usata come singolo apripista, l’ottima ballad “That’s when you came in”, l’irriverente “Pussy ain’t free”, le rockeggianti “Walk of shame” e “Wrong side of the tracks (out in Beverly Hills)” e la scanzonata cover di “She’s thight” dei Cheap Trick, con Robin Zander ospite d’onore, a dimostrazione della stima e del rispetto che il quartetto di Los Angeles si è guadagnato in questi diciassette anni di carriera.

Ovviamente “Lower the bar” nulla toglie e nulla aggiunge a quanto già proposto fino a questo momento dalla band, ma, per quanto mi riguarda, fin quando riuscirà a tirar fuori dischi di questo stampo, che si fanno ascoltare con immenso piacere, che non stancano, che ti fanno passare una mezz’oretta abbondante in santa pace divertendoti (in fondo dovrebbe essere questo l’obiettivo di un disco sleaze rock, no?), beh, a me andrà benissimo così…

Recensione a cura di Roberto Alfieri

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