Copertina 8

Info

Anno di uscita:2017
Durata:49 min.
Etichetta:Dragonheart Records

Tracklist

  1. SHORES OF ELENNA
  2. NUMENOR
  3. HEROIC DEEDS
  4. DOL GULDUR
  5. DARKNESS DESCENDS
  6. TAUR NU FUIN
  7. MINAS MORGUL
  8. WITCH-KING OF ANGMAR
  9. THE DWARROWDELF
  10. BORN OF HOPE

Line up

  • Alex Mereu: vocals
  • Ivano Spiga: guitars
  • Paolo Roberto Simoni: guitars
  • Nicola Pirroni: bass
  • Stefano Lepidi: drums

Voto medio utenti

Gli Holy Martyr che incrocio in occasione di "Darkness Shall Prevail", il loro quinto album che rafforza il sodalizio con la Dragonheart, lasciano subito intravedere diverse novità. E non mi riferisco solo ai due recenti innesti in formazione (il chitarrista Paolo Roberto Simoni e il batterista Stefano Lepidi), quando alle novità presenti a livello musicale e anche sul piano lirico.
Partendo proprio da quest'ultimo aspetto, "Darkness Shall Prevail", un po' a sorpresa, è un concept album che non guarda alle tematiche storiche cui gli Holy Martyr ci avevano abituati in passato (Antica Roma, Sparta, l'epopea dei Samurai..), ma che è ispirato dagli scritti (a mio parere, troppo sfruttati oramai) di J.R.R. Tolkien.
Ma, come anticipato, non mancano nemmeno dei cambiamenti nel sound, oggi meno diretto e battagliero rispetto al passato, ma in grado di acquisire toni più doomeggianti, dilatati e ricchi di pathos, che talvolta possono ricordare i Doomsword e i Domine ("Heroic Deeds" e "Witch-King of Angmar") e soprattutto lo U.S. Metal più epico e sulfureo, tra Warlord, Manilla Road e i primi Manowar, di "Numenor" o "Born of Hope", con una produzione calda e non plasticosa, che ben avvolge le canzoni.
Tra le ottime "Taur Nu Fuin" (evocativa e dall'oscura epicità) e la già citata "Witch-King of Angmar" (dove Alex Mereu esprime tutto il suo potenziale), un intro e un paio di intermezzi strumentali, si erge la mastodontica e poliedrica "The Dwarrowdelf", dove passato, presente e (spero) futuro degli Holy Martyr trovano la loro collocazione ideale, dando vita a quella che forse è la miglior espressione musicale, dagli esordi a oggi, di una band che affonda le proprie radici nel lontano 1994, quando in provincia di Cagliari (e inizialmente sotto il nome Hell Forge) il chitarrista Ivano Spiga gli diede vita.

Un gran bel disco, direi all'altezza del passato, e che ritengo abbia anche il potenziale per crescere di resa e impatto proseguendo con gli ascolti, dove però gli Holy Martyr sembrano perdere un pizzico di quella personalità e di animus pugnandi che in passato avevano dimostrato di saper esprimere nelle proprie composizioni.



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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 26 mar 2017 alle 00:56

Purtroppo "Dol Guldur" non era incliusa nel promo che abbiamo ricevuto. e nemmeno citata nella bio che lo accompagnava. Aggiorno subito la sk del disco per completezza e mi riprometto di ascoltarla non appena acquisterò l'album.

Inserito il 25 mar 2017 alle 22:42

Grande Ermo..ottima rece, ma vi siete dimenticati del capolavoro del disco: Dol Guldur che non avrebbe sfigurato manco in King Of The Dead. Per me 8,5. Saluti;)

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