Copertina 5,5

Info

Anno di uscita:2016
Durata:50 min.
Etichetta:Limb Music

Tracklist

  1. PREACHER SHOW ME THE WAY
  2. DAVY JONES' LOCKER
  3. ONLY A DREAM
  4. CEMETERY
  5. POISON ROSE
  6. SHELTER OF THE WITCH
  7. BONFIRE BROTHERS
  8. LEGEND
  9. THE HAUNTED PALACE
  10. INSOLUBILIS/DER FISCHER

Line up

  • Jürgen H.: guitar
  • Marcus F.: bass
  • Clarissa H.: vocals
  • Oliver K.: vocals
  • Daniela S.: harp, flute
  • Reiner Z.: guitar
  • Andy Finger: drums

Voto medio utenti

I tedeschi Minotaurus suonano un hard rock/heavy metal fatto di cavalcate maideniane e soluzioni più sinfonicheggianti alla Therion condito con (modeste) sonorità folk/danzerecce che potrebbero ricordare band del calibro di Tierra Santa o Mago De Oz dei tempi d’oro (forse anche dei primi Rhapsody).

La scrittura è tutt’altro che fluida e, cosa ancora più grave, manca troppo spesso (quasi sempre) di mordente. Il primo minuto di “Preacher Show Me The Way” è entusiasmante, poi è tutto un susseguirsi di influenze (Iced Earth, Helloween, echi romantici, strumenti medievali, e chi più ne ha più ne metta) mal strutturato che ci investe e ci disorienta. Non va meglio con l’accoppiata “Davy Jones’ Locker”/“Only A Dream”, dove il tiro è ancora poco e gli arrangiamenti, ridotti all’osso, non sono per niente ispirati. “Cemetery” è un mid-tempo dall’incipit soft e dall’evoluzione scontata che anticipa l’accettabile “Poison Rose”, probabilmente il brano più duro del lotto. “Shelter Of The Witch” alterna momenti bucolici ad altri folk/epici, senza mai “crederci” veramente su ambo i fronti, così come “Bonfire Brothers” ha dalla sua buoni suoni ma una scrittura poco convincente. “Legend” è un pasticcio a cavallo tra Manowar, “happy metal” e sonorità medievaleggianti che prelude alla power ballad “The Haunted Palace”, niente di eccezionale ma almeno è scorrevole. Chiude il disco l’insipida “Insolubilis” cui segue la ghost track “Der Fischer” (cantata in tedesco), datata in tutti i sensi.

Siamo a Natale e non ci voglio andare giù troppo pesante, ma l’ascolto di questo “Insolubilis”, ahimè, lascia un terribile amaro in bocca… sarà per la prossima volta (?).
Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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