Copertina 8,5

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2016
Durata:50 min.
Etichetta:Black Widow Records

Tracklist

  1. CALL FOR CTHULHU: ORISON
  2. INNTAL
  3. CALL FOR CTHULHU: THROUGH THE STARS
  4. LADA NIVA
  5. AYIDA WEDO
  6. CALL FOR CTHULHU: PROMISE

Line up

  • Davide Savarese: vocals, glockenspiel, Rhodes MkV in “Ayida Wedo”
  • Mattia Liberati: Hammond B3, Mellotron M400, Mellotron M4000, Fender Rhodes Mk V, MiniMoog, MiniMoog Voyager, piano, backing vocals
  • Flavio Gonnellini: guitar, backing vocals
  • Alessandro Di Sciullo: guitars, Moog Minitaur, Mellotron M400, Mellotron M4000, Roland TR 808 & TR 909, Akai MPC Touch, Korg Kaoss Pad KP 3, electronics, backing vocals
  • Marco Gennarini: violin, backing vocals
  • Antonio Coronato: bass
  • Shanti Colucci: drums, percussions
  • Fabio Pignatelli: bass on “Call for Cthulhu: Orison”
  • Florian Lechter: narrator’s voice on “Inntal”
  • Paolo Lucini: traverse flute on “Call For Cthulhu: Promise”
  • Stefano Vicarelli: modular synthesis on “Ayida Wedo”

Voto medio utenti

Romani, denominazione collettiva enigmatica e ingegnosa, un album all’attivo (“In hoc signo” di cui si parla un gran bene e che mi affretterò a recuperare quanto prima …) e una fenomenale capacità di trasformare le note in pura poesia, ora inquieta, ora sognante, forti di un’ispirazione aperta e visionaria, collocata in una sorta di “terra di mezzo” tra rock e avanguardia.
Questi i tratti salienti della “carta d’identità” degli Ingranaggi della Valle, gruppo davvero straordinario per come condensa in un unico disco, questo bellissimo e sorprendente “Warm spaced blue”, un monumentale spiegamento d’idee e strumenti, fondendo magnificamente influenze “classiche” e “moderne” (dai Soft Machine agli Änglagård, dai King Crimson agli Opeth, dai Perigeo agli Anekdoten) e intridendole di una spiccata personalità.
Ispirato principalmente al terrificante universo evocato nell’opera letteraria di Howard Phillips Lovecraft (qui analizzato sotto un profilo squisitamente psicologico e sociologico), il programma si dipana attraverso intriganti evoluzioni strumentali, intricate eppure fluide e mai ridondanti, capaci di offrirsi all’astante come un equilibrato affresco sonoro, ricco di colori e di suggestioni e privo di aride sperimentazioni autoindulgenti.
I gorghi dei tre movimenti della suite dedicati alle storie del Ciclo di Cthulhu (“Orison”, tra atmosfere Goblin-sche – avvallate dalla presenza dello special guest Fabio Pignatelli – e pennellate di ELP, Area e Atomic Rooster; “Through the stars”, frammento elettronico gravido di funesti presagi e “Promise”, un crogiolo ribollente di world-music, prog e “rumorismi” … una “roba” che piacerebbe tanto a Robert Wyatt e Robert Fripp quanto a Trent Reznor), lasciano spazio a un gioiellino di jazz-rock sospeso tra sogno e incubo come “Inntal” (con la fantasiosa ritmica di Shanti Colucci in evidenza), mentre tocca alla cangiante “Ayida wedo” irrobustire ad arte il pentagramma (notevole l’impatto emotivo delle chitarre Holdsworth-iane e delle percussioni, che si alternano a solari e sghembe rarefazioni sonore).
La nervosa “Lada Niva” (singolare la scelta di utilizzare un inossidabile e spartano fuoristrada, in questa narrazione inteso come emblema del legame con la vita terrena più appagante, per simboleggiare l’incapacità di affrontare l’aldilà …), infine, dominata dal flessuoso cantato di Davide Savarese, arriva a indicare come la sua voce sia forse l’unico “strumento” che, nel contesto generale, meriterebbe una maggiore esposizione.
Una splendida veste grafica (cover art by Jacopo Tiberi) suggella una gemma dal grande valore artistico, una fantasiosa “macchina dei suoni” messa al servizio di chi nella musica cerca l’intelligenza delle emozioni senza confini.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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