Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2016
Durata:59 min.
Etichetta:Massacre

Tracklist

  1. WE ARE HEAVY METAL
  2. ËOL THE DARK
  3. ËARENDIL THE SAILOR
  4. THE DISCIPLINE OF STEEL
  5. WATER GARDENS
  6. DAGOR NUIN GILIATH
  7. WHITE AND BLUE
  8. CRYING GAMES
  9. THE VISITORS
  10. IN THE DARKNESS
  11. THE SCRIBE
  12. THE EPIC OF GILGAMESH PT.1 (THE QUEST FOR GLORY)

Line up

  • Sven D'Anna: vocals
  • Frank Gilchriest : drums
  • Walter Hernández: guitars
  • Gustavo Acosta: bass, keyboard

Voto medio utenti

“We Are Heavy Metal”.

Un titolo del genere può essere visto da svariate angolazioni e assumere un significato diverso per ognuna di esse. Cosa ci vogliono comunicare i Feanor con queste parole tanto dirette quanto altisonanti?
Che suonano heavy metal? Ok, grazie per avercelo detto.
Oppure che loro sono l’Heavy Metal? Un po’ troppo pretenzioso e lontano dalla verità.
O magari, più semplicemente, che anche loro fanno parte di “Quelli che il revival”? Ecco, forse questa è la risposta più vicina alla realtà anche se non sono proprio dei novellini.

Gli argentini sono infatti attivi dal 1996 (!!!) ma hanno in bacheca soltanto due full lenghth, cantati tra le altre cose interamente in spagnolo. Freschi di un contratto nuovo di pacca con la Massacre, danno alle stampe il loro nuovo lavoro con una sventagliata di novità. Prima di tutto, hanno deciso (finalmente direi) di cimentarsi con testi in inglese per poter allargare il bacino d’utenza che era per forza di cose molto ridotto. In seconda battuta si sono avvalsi della collaborazione di Sven D’Anna, esperto e potente singer dei tedeschi Wizard, che ha fatto compiere alla band un discreto salto di qualità. Ultima news, ma non per questo meno importante, nel disco sono presenti alcuni ospiti di un certo spessore quali il leggendario Tony Martin che presta la sua ugola in “Crying Games”, i due ex Manowar Ross The Boss e David Shankle che sono presenti come chitarristi solisti rispettivamente in quattro e due canzoni, Frank Girlchriest (Riot, Virgin Steele) alla batteria in alcuni pezzi e il meno noto tastierista Ron Hendrix degli olandesi Terranova che suona le tastiere in una sola canzone.

Il viaggio intrapreso dai Feanor, leggendario personaggio del Silmarillion di Tolkien, li lancia immediamente nella mischia con la title track che ci travolge con solidi riff e ritmi sostenuti, in un vortice di potenti linee vocali ed epici chorus in cui bisogna ammettere che Sven D’Anna si immerge alla grande. “Eol The Dark” è una canzone dei Manowar. Non una cover, ma una fedele riproduzione. Salvo giusto il ritornello perché fa molto anthem epico da cantare tutti insieme. Prendo spunto proprio da questo brano per mettere in evidenza quello che secondo me è il punto debole dell’album. Ci sono pesanti riferimenti ai vari Manowar, Running Wild, Blind Guardian & Co. disseminati ovunque e se alcune volte sono dei semplici richiami, altre volte abbiamo veri e propri tributi. Per fortuna non tutto è così e anche dopo averlo ascoltato più volte, “We Are Heavy Metal” resta un disco abbastanza fresco se consideriamo l’enorme mole di band che ultimamente si stanno cimentando nel rinverdire i fasti del passato. Non un disco da strapparsi i capelli da testa e restare come Homer Simpson al terzo figlio, ma comunque con dei buoni picchi qualitativi come nella già citata “Crying Games” in cui Tony Martin ci delizia con una prestazione di tutto rispetto per una canzone che esce un po’ dai binari e si avvicina proprio a quel “Tyr” dei Black Sabbath che il sottoscritto considera ancora un ottimo lavoro.
Giusto una rapida citazione per “Gagor Nuin Giliath” che mi ha riportato indietro ai tempi in cui le ballad erano power e avevano sempre una parte in cui si passava da 0 a 100 all’ora con la rapidità di una Murcielago. Bella. La Lamborghini, ma anche la canzone.

Come detto, i Feanor compiono un deciso passo avanti rispetto ai precedenti lavori grazie al cambio dietro al microfono, alle numerose comparsate e a una maggiore solidità in fase di composizione. Manca ancora quel pizzico di personalità in più per potersi definitivamente staccare dai numi tutelari che troppe volte fanno capolino durante l’ascolto, ma la strada intrapresa sembra essere quella giusta. Bon voyage.
Recensione a cura di Massimiliano 'Koru' Cammarota

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