Copertina 8

Info

Anno di uscita:2016
Durata:83 min.

Tracklist

  1. FANTASY
  2. EXPECT THE UNEXPECTED
  3. HIGH KITE RIDE
  4. MOONLIGHT BRIDE
  5. VENUS
  6. THE COLLECTIVE UNCONSCIOUS
  7. SECRET'S SAFE
  8. I
  9. DREAM STATE OF MIND
  10. DOWN WILL COME BABY
  11. YOU

Line up

  • Jessica Martin: bass, vocals
  • Mitch Coull: guitars, vocals
  • Douglas Skene: guitars, vocals (lead)
  • Nathan McMahon: drums

Voto medio utenti

L'attesa attenua le passioni mediocri e aumenta le grandi (cit.)
Cosi un filosofo francese che, se applicato a noi, vedrebbe la passione per il progressive metal e l'attesa per il nuovo disco del combo australiano.
Infatti, dopo un debut esageratamente carico e poco incisivo ed un secondo lavoro più lavorato, ma comunque di transito, l'attesa per questa nuova fatica era grande.
Risponderà alle attese dei patiti del genere e dei fan più intimi? Difficile rispondere, ma il tentativo è d'obbligo. Per cui si può genericamente iniziare a parlare dell'album dicendo che la sorpresa c'è stata, piacevole ed immediata, ma non ha soddisfatto appieno.

Andiamo con ordine.

L'aspettativa verteva sia sulla capacità di accentuare ulteriormente il loro particolare approccio al progressive metal che su una maggiore sintesi in fase di songwriting.
La prima è stata ampiamente ripagata in primis dalla composizione massiccia di ospiti che apportano con i fiati di tromba, sax, flauto oltre le percussioni ed i cori, un apporto estremamente particolare che ampia notevolmente la sonorità dell'album. Non solo, ma la sorpresa si presente anche in composizioni lontane dal consueto sound come in “Expect the Unexpected”. Lento, sulfureo e con note canore che raggiungono un'"altezza" talmente profonda da essere ipnotica. Il tutto sorretto dalle parti soliste del fiato che rende il crescendo quasi impercettibile ed il piano che con quel giro risolto a cadenza a dà un tocco di enfasi.
Anche la seconda aspettativa è stata soddisfatta e ciò si percepisce dal fatto che, nonostante la lunghezza innegabile dei brani, si sia data molta attenzione alla costruzione degli stessi. Un esempio è sicuramente la title-track “Venus” che reputo essere più un poema musicale che un vero e proprio brano. La struttura verte su di un costante aumento di tensione ed un successivo rilascio, ma mantenuto in equilibrio dal ritornello azzeccato e riconoscibile.
Ma anche in brani come “I” e “Secret's Safe”, comunque di minutaggio esteso, la capacità di creare una linea portante, o almeno congiunta di tutte le parti del brano, è ben espressa. Si passa infatti, da momenti puramente djent ad altri più propriamente power e a rendere i passaggi fluidi è anche il connubio delle due voci di Douglas e Jessica che, avendo una differenza notevole di stile e timbro, accostate contemperano il cambio.
Inoltre, la parte iniziale con “Fantasy”, potente e ineccepibile, e “High Kite Ride” con quel rallentamento al 2° minuto e la parte strumentale molto originale al 4°, è incredibilmente equilibrata. Altresì l'alternare di pezzi più lunghi con altri mid-tempos piacevoli, stile “The Collective Unconscious” o “Starbreeze”, mantiene bilanciato il lavoro nella sua intera prima parte. 
Tuttavia anche in quest'opera sembra ripetersi il medesimo errore dei precedenti album. Vi è infatti, un'inspiegabile tendenza a non accontentarsi dei brani già menzionati, ma a sovra-dosare in maniera pesante l'album. Ecco che quindi nella parte finale, dopo un brano di 10 minuti variegato e complesso come “I”, ci si ritrova a dover assorbire prima una potente “Dream State Of Mind” con il suo bel ritornello ma ripetitiva, ed infine “Down Will Come Baby”. Quest'ultimo brano, lungo oltre dodici minuti, ricorda troppo il finale del loro precedente album che aveva fatto curvare in parabola l'ascolto del disco. 

Ecco allora che al termine nei suoi 80 e passa minuti di disco “ Venus ” soffre del troppo materiale inserito, dei troppi riff, abbellimenti, cambi, stacchi, cori, falsetti, che seppellisco le perle presenti. Quei dettagli che trasudano ispirazione ed inventiva, nonché segnano la peculiarità della proposta australiana. Tali momenti andrebbero innalzati, stressati e risaltati. Invece si perdono un po' nel mare magnum di questo racconto ricco, bello ma troppo corposo. 

Ad oggi gli ascolti dell'album continuano e continueranno anche dopo questa recensione, ma rimane la sensazione che nonostante si siano avvicinati ancora di più alla piena espressione delle loro capacità, non abbiamo saputo conservare due elementi necessari ed indispensabile: la moderazione e l'equilibrio.
Occasione mancata? Non necessariamente. Risulta essere più una tentativo cosciente che, nonostante l'attenta elaborazione, risente comunque dell'eccessiva sovra-esposizione musicale. 
L'ascolto rimane d'obbligo per gli amanti del genere e sicuramente non ci sarà alcuna delusione. Solamente la sensazione di avere di fronte un ottimo piatto, ma troppo condito per guastarlo appieno.

A cura di Pasinato Giovanni

Recensione a cura di Ghost Writer

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 16 dic 2016 alle 01:17

E chi altri...?

Inserito il 16 dic 2016 alle 00:21

Pasinato Giovanni, è lei?

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