Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2016
Durata:36 min.
Etichetta:Nuclear Blast Records

Tracklist

  1. UMBRELLA
  2. FAMILY SONG
  3. THE IRONY OF MAN
  4. TRUE COLOUR
  5. PRECIOUS SWAN
  6. TIME

Line up

  • Magnus Pelander: vocals, guitar, keyboards

Voto medio utenti

Sarà anche vero, come sostengono in molti, che Magnus Pelander si è un po’ “montato la testa” e che sta attraversando una fase di stasi creativa (“Nucleus” dei Witchcraft, ormai una specie di “creatura personale” del nostro, ha fornito più di un indizio in questo senso …), ma è comunque necessario essergli grati per il ruolo fondamentale che ha ricoperto nella nascita di quel movimento musicale definito northern hard-rock, partito dalla piccola città boreale di Örebro con i Norrsken e da lì, per effetto di filiazioni dirette o di virtuosi processi emulativi (Graveyard, Dead Man, Troubled Horses, Blowback, Asteroid, Truckfighter, …), diventato una delle realtà più stimolanti nel recupero e nella rivitalizzazione dei suoni del rock “classico”.
Time”, il nuovo lavoro solista di Pelander recupera le elegiache ambientazioni elettro-acustiche del suo primo intrigante Ep (“A sinner’s child”, del 2010) e le fonde con alcune delle suggestioni ostentate nell’ultimo disco dei Witchcraft, proponendo al pubblico un concentrato d’introspezione e malinconia, capace di accostare Led Zeppelin, Roky Erickson, Neil Young, Jethro Tull e la scuola di Canterbury in un crogiolo sonico di non facilissima assimilazione.
Sei ballate dove sonorità folk e un intenso senso d’inquietudine avvolgono l’astante fin dal primo contatto, lasciando nei sensi nel suddetto brandelli di straniamento, ammesso che si tratti di un appartenente a quella categoria di musicofili che non cercano precipuamente l’impatto e l’immediatezza in una proposta discografica.
L’albo si dipana attraverso una formulazione stilistica abbastanza uniforme e lineare, per una sorta di litania pressoché ininterrotta che prende avvio con le meste atmosfere celtiche di “Umbrella” e termina con il magnetismo algido della title-track, inframmezzate dalla gradevole semplicità simil-country di “Family song” e dalla malia Zeppelin/Tull-iana di “The irony of man”, mentre “True colour” e la conturbante “Precious swan” rappresentano i momenti più ambiziosi e articolati del programma, inoculando piccole e singolari scosse propulsive (suggestivo l’improvviso ingresso di una latin-guitar nel tessuto connettivo del primo dei due brani), scorie progressive e psichedeliche in un oceano di dolente e dilatata disperazione.
Di certo “Time” non farà cambiare idea ai detrattori di Pelander e difficilmente, anche a causa di un pizzico di diffuso manierismo, questo dischetto consentirà ai delusi dell’ultima ora di riacquistare la fiducia smarrita, e ciononostante l’impressione complessiva è che l’universo espressivo dello svedese abbia ancora molto da offrire … chissà che guardarsi “dentro” in maniera così profonda possa in qualche modo essere utile a ritrovare un po’ di quella naturalezza e istintività che nel 1995 lo fecero diventare uno degli artisti più importanti della “scena” … francamente io ci credo ancora.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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