Copertina 6,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2016
Durata:53 min.
Etichetta:Dr. Music Records

Tracklist

  1. 11111011000
  2. ANOTHER DAY IN HELL
  3. THE DARK BREED
  4. CABIN ON THE HILL
  5. FORGOTTEN SOULS
  6. GHOST BRIGADE
  7. PATH OF SORROW
  8. FINAL DESTINATION
  9. END OF DAYS
  10. BORN IN FLAMES
  11. OF PAWNS AND DRAGONS

Line up

  • Carsten Frank: vocals
  • Björn Spier: guitars
  • Tobias Liedke; guitars
  • Matthias Brandt: bass
  • Philipp Horst: drums

Voto medio utenti

Avevamo lasciato gli Athorn alle prese con il loro esordio "Phobia" e sono dovuti passare ben sei anni prima del suo successore, il qui presente "Necropolis", un concept album incentrato su una Terra che dopo l'ennesima catastrofe (parrebbe il solito meteorite dalla mira infallibile) è ormai popolata da Zombie, e che anche musicalmente accentua ulteriormente i toni e lo stile del precedente lavoro.

Infatti, una delle colonne su cui si regge il sound degli Athorn sono sicuramente i Nevermore, ma avvertiamo anche sprazzi di Iced Earth o dei connazionali Brainstorm, tutti presi a giocare con il songbook dei Soilwork, Darkane o Sentenced, dato che "Necropolis" si tinge pesantemente dei colori tipici del Death Metal (vecchio e nuovo), che nel corso delle canzoni fanno a cazzotti con passaggi più vicini al Power e al Thrash Metal, un blend che ritroviamo già nella prima vera canzone del disco, "Another Day in Hell", una delle più riuscite del disco assieme a "Cabin on the Hill", alla thrashy "Final Destination" e soprattutto alla conclusiva, spiccatamente Heavy, teatrale ed articolata "Of Pawns and Dragons". Ma non sempre il tutto funziona a dovere, con passaggi non del tutto amalgamati così da risultare posticci e forzati ("The Dark Breed", "Ghost Brigade" o "End of Days"). La sola "Born in Flames" riesce a rimanere fuori da questa lotta, una ballad (invero noiosa) arpeggiata e (nelle intenzioni) evocativa. Un continuo alternarsi dove Carsten Frank (ex Galloglass e che molto di suo aveva messo nella fugace deriva musicale degli Human Fortress in occasione di "Eternal Empire") mostra una invidiabile versatilità nel passare da una soluzione vocale all'altra, da toni hetflieldiani a un growl tosto e cattivo. Inoltre è pure evidente come il cantante tedesco abbia messo molto del suo su questo album, prendendosi carico della produzione e addirittura realizzandone anche l'artwork.

Il tutto con risultati sicuramente apprezzabili, certo non esplosivi.
A quello dovrebbe averci pensato il meteorite di cui sopra...



I was born to review
Hear me while I write... none shall hear a lie
Report and interview are taken by the will
By divine right hail and write
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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