Copertina 8

Info

Anno di uscita:2016
Durata:36 min.
Etichetta:Another Century
Distribuzione:Century Media

Tracklist

  1. SOMEONE TO SAVE US
  2. SAY IT FOR THE LAST TIME
  3. HOW LONG
  4. PARALYZED
  5. SO GOOD
  6. TOO LATE NOW
  7. RIGHT NOW ANYWHERE
  8. WITHOUT A WARNING
  9. CAN'T SLEEP
  10. KILLERS IN THE NIGHT
  11. WITHIN WITHOUT
  12. WHENEVER IT RAINS

Line up

  • Josh Kennedy: guitars, vocals
  • Chico Diaz: drums
  • Johannes Lar: bass

Voto medio utenti

“Someone to save us, Someone like you
Someone to break up back and Someone to use
Someone who take us wherever we choose, Somewhere to run too from you”


E’ inutile ogni tipo di resistenza. Il ritornello di “Someone to Save Us” mi si è ficcato in testa senza pietà e ora ogni tentativo di scacciarlo è tempo perso. Già dalle primissime battute dell’opener di questo “Medicine” la mia attenzione ha avuto un picco per me inusuale. Chitarre sporche e riff seventies, sezione ritmica in cui basso e batteria disegnano un tappeto che sa tanto di piccoli pub nel deserto e linea vocale ammiccante sono le armi che i The Black Moods da Temple, Arizona, sfoderano immediatamente e senza paura alcuna. E fanno benissimo. Hanno un modo di fare musica che conquista. Una sorta di crogiuolo ardente in cui riescono a fondere perfettamente le sonorità di band di altri tempi come Led Zeppelin e Goo Goo Dolls insieme con realtà contemporanee quali Matchbox Twenty e Lifehouse. Il risultato è decisamente oltre le aspettative. 100% Rock.

La già citata “Someone to Save Us” potrebbe finire in una qualunque serie tv stile One Tree Hill ed è potenzialmente una hit devastante, con un po’ di fortuna. “Say It For The Last Time” e “How Long” mostrano il lato più commerciale, anche se faccio fatica a usare tale definizione perché in fondo questo trio statunitense non comunica per niente la voglia di sembrare mainstream. Si sono creati una dimensione tutta loro, in cui viaggiano che è un piacere.

“Paralyzed” è ancora un passo avanti. E’ il basso a fare la voce grossa, con un giro semplice ed efficace che crea insieme alle linee vocali di Josh Kennedy atmosfere più introspettive ma di grandissima presa. Ci si trova di tutto in questo disco. Per ogni volta che si ascolta appaiono nuove suggestioni. Doors e U2, Black Crowes e My Chemical Romance, fino a quella “Can’t Sleep” che reputo una piccola perla di rock contemporaneo come dovrebbe essere sempre. Una macchina del tempo. Mi sono sentito lanciato 40 anni indietro, con tra le mani un 33 giri e la puntina del giradischi che lentamente scendeva tra i suoi solchi. Eppure suonano così dannatamente moderni, a partire dalla produzione. Da far ascoltare ai quattro miliardi di gruppi che quando parlano di revival credono che basti ricopiare pari pari quello che facevano i grandi del passato. I maghi del CTRL+C e CTRL+V.

“Killers In The Night” è la più hard rock del lotto, leggermente più tirata e dalla durata di nemmeno due minuti e mezzo. Non indimenticabile ma di buon livello comunque. Tornano in maniera decisa i Lifehouse nel chorus di “Within Without”, canzone che a me piace tanto, ma che avrei preferito un po’ più spoglia delle forti influenze che risultano essere molto molto evidenti. Chiude il disco un’altra delle mie top song, si tratta di “Whenever It Rains”, la “ballad” tra virgolette perché non è propriamente una ballad. Incede in un ritmo lento e cadenzato, ipnotico da sembrare una danza degli indiani d’America, un sussurro blues tra l’attacco spietato dei cowboys e l’arrivo della pioggia a pulire il sangue dalla terra. Ottima chiusura davvero.

Non me l’aspettavo. Sono bravi i The Black Moods. Sanno scrivere canzoni e questo oggi è un grande pregio. Se non si lasceranno bruciare e consumare da loro stessi potrebbero davvero sorprendere in un futuro neanche tanto lontano. Hanno un’attitudine totalmente rock e la fanno sentire in tutto il disco. Chapeau.
Recensione a cura di Massimiliano 'Koru' Cammarota

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