Copertina 8

Info

Anno di uscita:2016
Durata:50 min.
Etichetta:Party Smasher Inc.

Tracklist

  1. LIMERENT DEATH
  2. SYMPTOM OF TERMINAL ILLNESS
  3. WANTING NOT SO MUCH AS TO
  4. FUGUE
  5. LOW FEELS BLVD
  6. SURROGATE
  7. HONEYSUCKLE
  8. MANUFACTURING DISCONTENT
  9. APOLOGIES NOT INCLUDED
  10. NOTHING TO FORGET
  11. DISSOCIATION

Line up

  • Greg Puciato: vocals
  • Ben Weinman: guitars
  • Kevin Antreassian: guitars
  • Liam Wilson: bass
  • Billy Rymer: drums

Voto medio utenti

I The Dillinger Escape Plan mettono fine alla loro ventennale carriera con il loro sesto e ultimo disco, il qui presente “Dissociation”, dopo di che ci sarà solo un tour d’addio.
Non è questa la sede per ricordare l’imprescindibilità di questa band che ha letteralmente ridefinito i canoni della musica estrema, creando un genere e alimentando decine di epigoni e imitatori.
Ciò che qui interessa è capire se il canto del cigno è veramente tale oppure ci troviamo di fronte al raglio dell’asino.
Sgombriamo subito il campo da equivoci, non si può inventare due volte la stessa cosa, quel che si può fare è cercare di migliorare una formula, ma per fare questo è necessario che vi siano idee geniali tali da dare a quella formula quel quid pluris necessario.
Ecco, “Dissociation” è un disco maledettamente composto e suonato bene, con dentro tutto quanto di buono i Dillinger Escape Plan sono stati capaci di suonare, ma non aggiunge nulla alla loro leggenda, anzi. Manca quella furia iconoclasta e acerba di “Calculating Infinity”, che qui diventa mestiere, diventa composizione studiata a tavolino più che impellente istinto omicida che riesce a trovare sfogo nelle composizioni della band.
C’è melodia, ci sono inserti jazzati, c’è persino un pezzo tra drum’n’bass e dubstep (“Fugue”) e ci sono persino degli archi in “Nothing To Forget” e nella title-track, ma nulla che faccia gridare al miracolo o che non si sia già sentito.
Ovviamente c’è velocità, parti complesse e cervellotiche, anche brutalità, ma mai ai livelli parossistici del passato, quando, forse spinti da un furore giovanile, i nostri volevano sì far vedere di saper suonare ed essere dei signori musicisti, ma soprattutto volevano fare musica brutale, hardcore fino al midollo in tutti i sensi.
È inutile che vi stia a fare il track by track, se li avete sempre amati non rimarrete delusi da “Dissociation”, che, al netto di quanto detto sopra, è un signor disco, certo non il migliore della loro discografia, ma sicuramente e decisamente una spanna sopra le uscite coeve.
Per il resto onore alla loro leggenda.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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