Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2016
Durata:33 min.
Etichetta:Aural Music

Tracklist

  1. SPACEPIRATES
  2. NOT DEAD YET
  3. HELLFIRE
  4. BLACK FORD RISING
  5. BILLION DOLLAR SONG
  6. 86
  7. FOREVER BITCH
  8. WE DON'T CALL THE COPS (W.D.C.T.C.)
  9. KITE'N'ROLL

Line up

  • Amedeo Mongiorgi: guitars
  • Mantis Le Sin: vocals
  • Gabriele Ravaglia: bass
  • Andrea Fedrezzoni: drums
  • Alessio "Amos“ Amorati: guitars

Voto medio utenti

36 anni! Detto così sembra niente. Pensateci bene, con calma. Il muro di Berlino è caduto e con lui un intero blocco geo/politico, ci sono state la guerra in Jugoslavia, in Iraq e in altri mille posti, l’attentato alle torri gemelle, il millennium bug, l’Italia ha vinto ben due campionati del mondo. Ed è proprio in Italia che in tutto questo arco di tempo i Rain ci sono sempre stati, imperterriti e appassionati, cangianti e metallici. Vero che ormai della formazione iniziale è rimasto soltanto il chitarrista e fondatore Alessio “Amos” Amorati, ma in tanti anni qualche cambiamento ci può stare e finché c’è qualcuno che porta avanti la baracca va sempre bene, se poi questo qualcuno è quello che più ha a cuore la propria creatura ancora meglio.

La prima vera novità del neonato “Spacepirates” è rappresentata indubbiamente dalla voce di Mantis Le Sin che sostituisce lo storico Francesco Grandi e che di certo ha avuto un peso nell’indirizzo musicale dell’ultima release in casa Rain. L’intero album è, infatti, molto più moderno e diretto nei suoni e, in tutta onestà, anche meno vario rispetto ai precedenti in cui eravamo abituati a strutture leggermente più ricercate che volteggiavano con grazia e si dimenavano con disinvoltura tra roccioso heavy e puro hard rock melodico.

Qui ci si trova di fronte a 9 brani racchiusi in soli 33 minuti in cui i Rain puntano tutto sull’immediatezza lasciando da parte ogni altra pretesa. E’ questo un male? Direi proprio di no. Già a partire da quella che è la title track si intuisce quale potrà essere il percorso di “Spacepirates”, una song che picchia forte con le sue ritmiche decise e le linee vocali trascinanti, con il suo ritornello martellante e i suoni belli pieni e corposi.

Le successive “Dead Not Yet” e “Hellfire” sono un mix totale tra quello che era l’hard’n’heavy degli anni 80 e 90 e quello che è ora. Motorhead, Guns, AC/DC e chiunque vi venga in mente di quei tempi, sono perfettamente miscelati con sonorità più vicine a un modern hard rock americano, il tutto in salsa Rain ovviamente. “Black Ford Rising” e “We Don’t Call The Cops” sono divertenti e scanzonate, mentre in “86” rivive il grande Lemmy in tutto il suo splendore.
“Billion Dollar Song” è una bella power ballad sapientemente piazzata a metà disco che rallenta con classe e ci lascia un po’ di respiro con intrecci melodici più cari ai vecchi Rain. Ottimo colpo e sicuramente una di quelle che restano di più in testa.
L’ultima “Kite’n’Roll” è l’anthem hard rock per eccellenza, in cui si fanno sentire le influenze dei fratelli Young che con i loro riff hanno letteralmente incantato intere generazioni di musicisti e ascoltatori.

Non sarà il disco dell’anno, non riempiranno palazzetti o stadi, non inventeranno niente di nuovo, ma se cercate mezz’ora di buona musica, genuina, suonata con passione ed esperienza non ne resterete delusi. E dopo quasi 40 anni scusate se è poco.
Recensione a cura di Massimiliano 'Koru' Cammarota

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