Copertina 7

Info

Anno di uscita:2005
Durata:49 min.
Etichetta:Dufresne

Tracklist

  1. COP SONG
  2. AMAZING AURAKARIA
  3. THE MARCH OF THE YELLOW LIZARD
  4. SAINT GEORGE
  5. STONER KEBAB

Line up

  • Muccio: vocals, bass
  • Bubi: guitar, vocals
  • Justin Timberland: guitar
  • Rashid: drums

Voto medio utenti

Prosegue il periodo di vivacità della scena italiana heavy rock/stoner, in un momento che sembra invece di contrazione e stasi nel panorama internazionale. Nel resto del mondo si nota una certa scarsità di nomi nuovi realmente interessanti e ci si affida più che altro a quelli noti e consolidati per ascoltare lavori di qualità, mentre da noi persiste un certo fermento intorno a queste correnti rock e le fila dei praticanti tendono ad ingrossarsi, ovviamente in un contesto che rimane di nicchia per cultori appassionati.
Alla lista delle recenti scoperte si aggiunge ora il gruppo Stoner Kebab, grazie ad un lavoro breve (ep di cinque brani) ma ricco di potenzialità stimolanti.
Diciamo subito che il quartetto non ha ancora un’identità precisa, per adesso spazia tra varie influenze stilistiche in attesa di trovare la propria collocazione specifica. Però il risultato è comunque buono, con un impatto molto grintoso ed una notevole freschezza nel presentare sfaccettature diverse nel sound.
In concreto, l’opener “Cop song” è un classico stoner-psych con gustosa alternanza di parti aggressive e fasi dilatate e spaziali, mentre la seguente “Amazing aurakaria” ha la struttura di un macigno che ricorda gli Orange Goblin, con annessa l’immancabile sventagliata di assoli metallici.
Si cambia registro con “March of the yellow lizard” dove gli Stoner Kebab si cimentano con atmosfere e cadenze più oscure, un rallentamento che li porta a sfiorare i territori psycho-sludge senza rinunciare alla loro acidità di base unita a dosi di virulenza heavy. “Saint George” è un episodio muscolare sul genere Sixty Watt Shaman, Roadsaw, Throttlerod, ecc, una miscela che pesca tanto dall’hard rock quanto dal metal in prospettiva di una presa immediata, canzone discreta ma nel contesto un po’debole.
Meglio la finale “Stoner Kebab” dove il gruppo si lancia in un duro assalto su linee piuttosto convulse e chiude con un deragliamento tossico e distorto.
In realtà la vera conclusione del disco arriva dopo un lunghissimo intervallo di silenzio (e ciò giustifica il minutaggio da full-lenght) con una ghost-track strumentale, un’interessante tema morbido ed onirico imperniato sugli svolazzi spaziali della lead che và a completare lo spettro delle capacità di questa formazione.
In questo mini-cd scopriamo del materiale valido, che potrà ulteriormente crescere lavorando sulle rifiniture, e gli Stoner Kebab mostrano di essere un gruppo da tenere d’occhio, una buona speranza per il futuro specie se saranno in grado di far confluire le loro molteplici influenze in un discorso unitario e personale.

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