Copertina 8

Info

Anno di uscita:2016
Durata:34 min.
Etichetta:Subsound Records

Tracklist

  1. BLACK CROW
  2. WISKER JACK
  3. FULL MOON
  4. HANGOVER
  5. BURN THE ROAD
  6. RUSSIAN ROULETTE
  7. RESIST
  8. CANNIBAL
  9. PRISON
  10. HELL

Line up

  • Matteo Barsacchi: guitar, vocals
  • Matteo Sciocchetto: guitar, vocals
  • Matteo D’Ignazi: drums, vocals

Voto medio utenti

Con una denominazione del genere non è poi troppo difficile intuire l’ambito operativo dei Mr. Bison, ma se pensate che “Asteroid” sia uno dei tanti lavori di rigoroso (e magari pure un po’ scontato …) stoner che affollano la scena, vi sbagliate di grosso.
Nei solchi dell’albo troverete, infatti, oltre alla prevedibile influenza di Kyuss (dal cui repertorio “rubano” il titolo del disco e con cui condividono l’origine del monicker, in entrambi i casi ispirati da vecchi video-games …), Monster Magnet e Truckfighter, anche scampoli di Soundgarden e Big Chief, a testimonianza di un percorso ispirativo ampio, curioso e variegato.
E’ proprio l’ultimo dei numi tutelari appena citati a fornire, forse, la migliore chiave di lettura della vocazione artistica dei nostri, in qualche modo paragonabili ai loro colleghi americani per la disinvoltura e la naturalezza in cui sanno mescolare il rock selvaggio di MC5 e Stooges e il rhythm n’ blues più anfetaminico, i Blue Cheer e i Grand Funk Railroad, i Black Sabbath e George Clinton.
Ora, Cecina non è né Detroit, né Palm Springs e tuttavia non c’è dubbio alcuno sulla credibilità pressoché assoluta dei toscani, capaci di sovrapporre e intersecare gli insegnamenti dei loro modelli senza forzature o fastidiose emulazioni.
E così, se il clima torrido e denso di “Black crow” rimanda al più classico “desert rock” e l’hard-blues alcolico e vischioso di “Wisker Jack” scava subdolo nei sensi, la successiva “Full moon” scardina le “certezze” imbevendo l’impasto sonoro di musica black, grazie anche all’estroso e obliquo contributo dei fiati (courtesy of Sergio Pomante dei Captain Mantell).
Il groove funk/psych di “Hangover” consente all’opera di soggiogamento emotivo di proseguire in maniera inarrestabile, mentre l’andamento accattivante (vagamente alla The Black Keys) di “Burn the road” costringerà anche il più flemmatico degli astanti a dimenarsi privo di ogni pudicizia, seguendo il ritmo e la linea melodica di un altro grande pezzo.
In “Russian roulette” e nella scura “Resist” torna a pulsare trionfante il Blues per il Sole Rosso, ”Cannibal” coniuga brandelli d’iconoclastia punk con stordenti dilatazioni psichedeliche, “Prison” evoca la visione di una jam session tra Cactus, The James Gang e RHCP e “Hell” è semplicemente appassionante nel suo cangiante e magnetico sviluppo, in cui si può scorgere addirittura qualche flebile bagliore del migliore Beck.
Asteroid” è un concentrato di energia e di vitalità immerso nel mare magnum dei suoni della “tradizione” … di questi tempi non è davvero poco.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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