Copertina 7,5

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2016
Durata:60 min.
Etichetta:Cuneiform Records

Tracklist

  1. DEVOTO
  2. SOTTERFUGIO
  3. MULTIVERSO
  4. DISTRATTO DA ME
  5. ETERNO RITORNO
  6. PIU UGUALE
  7. TRANSIZIONE
  8. AUTORE DEL FUTURO
  9. FIGLI
  10. QUATTRO PICCOLE MANI

Line up

  • Alberto Piras: vocals
  • Mauro Collina: guitars
  • Luigi Ricciardiello: keyboards
  • Alessandro Bonetti: violin
  • Alessandro Porreca: bass
  • Claudio Trotta: drums

Voto medio utenti

La prima volta che sentii nominare i bolognesi Deus Ex Machina fu da un mio “spacciatore musicale” in un periodo di ricerca di novità progressive rock. Mi furono presentati come un gruppo che faceva dell’approccio cerebrale e tecnico il proprio dogma e, come se non bastasse, giusto per complicare le cose, il cantato era in latino.
Ricordo ancora la sensazione di stupore quando ascoltai per la prima volta “De Republica”, il loro capolavoro indiscusso, fatto di un jazz/rock in linea con la tradizione italiana di Area, Perigeo, Agorà, Napoli Centrale e quella internazionale della Mahavishnu Orchestra e Return to Forever, ma con un approccio molto complesso, con una continua ricerca di passaggi intricati, una proposta difficile e poco accessibile, caratterizzata dal cantato teatrale e “stratosiano” del leader Alberto Piras.
Tale complessità veniva accentuata ancora di più con i due dischi, “Cinque” e “Imparis”, pubblicati per la storica label statunitense Cuneiform Records, specializzata in rock progressivo, jazz e Rock in Opposition .
Tuttavia dopo “Imparis”, pubblicato nel 2008, non si sono avute più notizie dalla band che ancora oggi sembra essere caduta in una sorta di oblio internettatiano visto che non vi è traccia di un sito dedicato, una pagina facebook, un myspace.
Poi le voci di un timido ritorno all’attività live e di un nuovo fantomatico disco dal titolo “Devoto”, che vede finalmente la luce il 24 giugno 2016 dopo ben 8 anni dal precedente, sempre per Cuneiform Records.
La formazione è quella classica con leaders e coautori Alberto Piras (voce) e Maurizio Collina (chitarra), la sezione ritmica con Claudio Trotta (batteria) e Alessandro Porreca (basso), il violino di Alessandro Bonetti e il ritorno dello storico tastierista dei primi dischi Luigi Ricciardiello.
Quello che colpisce in “Devoto” è l’approccio della band alla sua proposta musicale, che risulta più asciutta, sia nel minutaggio totale (un’ora scarsa) che in quello dei singoli brani (il più lungo dura circa 10 minuti), sia nel sound dove si recupera una matrice maggiormente heavy - prog settantiana a discapito di quella più jazz/fusion.
Tuttavia non si può certo parlare di rivoluzione in quanto non mancano elementi che fanno da sempre parte del loro DNA come il cantato (questa volta esclusivamente in italiano) del sempre ispiratissimo di Piras, gli intricati intrecci ritmici, le lunghe parti strumentali, gli innesti jazz (è presente anche un trio di fiati) ma il tutto è al servizio di brani dal maggiore impatto, caratterizzati spesso da un groove funky rock e da una struttura più lineare.
A rendere il sound volutamente retrò vi è anche l’uso di strumenti esclusivamente vintage, prodotti prima del 1975 e messi a disposizione dal negozio di musica di cui Piras è comproprietario.
Lo stesso Piras, nella nota di presentazione al disco, spiega che l’intenzione è stata creare brani più semplici e di connotazione maggiormente rock, dove si sentisse l’energia e il sangue della band confluire nella musica a dispetto di chi li ha sempre descritti come “cerebrali e difficili”. Un disco maggiormente di pancia più che di testa.
E’ come se i Led Zeppelin dopo “Physical Graffiti” avessero avuto una svolta prog, basti ascoltare la title track o “Più uguale” caratterizzate dagli insistenti riffs di chitarra e da un andamento fortemente hard oppure “Multiverso” in cui convivono perfettamente le due anime della band, con uno splendido lavoro di Bonetti al violino e una delle migliori interpretazioni di Piras.
Altre cose rimandano al loro passato come “Eterno ritorno” per solo chitarra acustica e violino o “Figli e Distratto da me con degli indovinati innesti di fiati o ancora il blues rock di “Autore del futuro”.
Con “Devoto” i Deus Ex Machina hanno voluto fare in “vecchiaia” il disco che si sarebbe aspettato in gioventù, con questo sound compatto e ruspante più spontaneo e meno ricercato. Chi non li ha mai ascoltati potrebbe trovarlo addirittura travolgente per energia, impatto e ispirazione e sicuramente anche i fans più affezionati non potranno che convenire che con questo ritorno al principio abbiano colto nel segno.
Tuttavia a me ha dato anche la sensazione di una band che viaggia volutamente con il freno a mano tirato o che abbia deciso di indossare un vestito troppo stretto per la sua reale mole. Più volte durante l’ascolto mi sono trovato a pensare su come sarebbe potuto evolvere quel determinato passaggio se avessero mantenuto il loro stile più sul versante jazz/fusion e a ritrovarmi a brano oramai finito.
Questo non toglie comunque la gioia nel riascoltarli dopo tanti anni, nella speranza di non dovere attendere per altri otto.

A cura di Antonio Cristiano


Recensione a cura di Ghost Writer

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