Copertina 6

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2016
Durata:46 min.
Etichetta:InsideOut Music

Tracklist

  1. CALYX
  2. ORACLES OF WAR
  3. BALEARIC BLUE
  4. CELESTIAL SPHERES
  5. NOCTURNE
  6. PAREIDOLIA
  7. CROWN OF ASHES

Line up

  • Khaled Lowe: Guitars, Vocals
  • Barnaby Maddick: Guitars, Vocals
  • Jaime Gomez Arellano: Drums
  • Dan Knight: Guitars, Keyboards
  • James Leach: Bass

Voto medio utenti

Sarà che il titolo di questo lavoro dei Messenger, “Threnodies”, mi ricorda terribilmente TreNord, azienda con la quale ho un rapporto odio/amore decisamente sbilanciato verso il primo sentimento, ma fin dal primo ascolto del secondo disco della band londinese il sentore che ci fosse qualcosa che non andava era palese e ben vivo.

Esaltati da tanti e osannati da molti come la nuova promessa del new-prog mondiale (che suona molto una roba tipo New World Order, ma tant’è), i britannici ci presentano in un rock piuttosto classico, spruzzato di prog settantottantiano in quantità importante. Certo, cosa ci sia di “new” nel riproporre a distanza di 40 anni le sonorità di Pink Floyd e soci non lo capisco, in tutta onestà, fatto sta che a discapito di etichette e elogi, i Messenger ci sanno fare senza dubbio, senza però mai incidere davvero né tantomeno convincere.
Non danno mai l’impressione di sbagliare qualcosa, sia chiaro, ma sono troppi i momenti di stanca nei 7 brani che compongono questo nuovo album. Sarà anche la scelta coraggiosa di proporre una manciata scarsa di canzoni per una durata media di 6 minuti e mezzo, ma difficilmente vi rimarrà in testa qualcosa di eccitante al termine dell’ascolto di “Threnodies”. Forse giusto la parte finale di “Oracles of War” o la centrale “Celestial Spheres”, il miglior brano del lotto, ma il resto rimarrà lì nel limbo del “Sì bello, però..”, ad affogare lento nel dimenticatoio.

Per chiudere, ribadisco il concetto: “Threnodies” non è un album brutto e i Messenger non sono degli incapaci, questo assolutamente no. Siamo semplicemente di fronte ad un album ben composto ma che non riesce mai a risultare intrigante quanto dovrebbe, mentre i Messenger dovranno fare molto ma molto di più per meritarsi l’etichetta di nuova promessa del prog (senza “new”) mondiale.

Quoth the Raven, Nevermore..
Recensione a cura di Andrea Gandy Perlini

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