Good Tiger - A Head Full Of Moonlight

Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2016
Durata:35 min.
Etichetta:Metal Blade Records

Tracklist

  1. WHERE ARE THE BIRDS
  2. SNAKE OIL
  3. ENJOY THE RAIN
  4. I PAINT WHAT I SEE
  5. ASPIRATIONS
  6. LATCHKEY KIDS
  7. ALL HER OWN TEETH
  8. UNDERSTANDING SILENCE
  9. '67 PONTIAC FIREBIRD

Line up

  • Elliot Coleman: vocals
  • Derya "Dez" Nagle: guitar
  • Joaquin Ardiles: guitar
  • Morgan Sinclair: bass
  • Alex Rüdinger: drums

Voto medio utenti

Si è iniziato a parlare di questo disco d'esordio dei Good Tiger ben prima che la Metal Blade Records decidesse di accogliere la formazione nel suo roster. Realizzato attraverso una campagna di crowdfunding nel 2015 lanciata su Indiegogo, i 18.000 dollari necessari al combo per produrre l'album sono diventati velocemente quasi 46.000, a dimostrazione dell'interesse suscitato da questa creatura "internazionale" che annovera, tra gli altri, ex-membri di Tesseract e The Safety Fire. "A Head Full Of Moonlight" è un biglietto da visita brillante, breve (appena 35 minuti), più vicino alla musica mainstream che a quella estrema (gli inserti metalcore si contano sulla punta delle dita), ma che picchia duro dall'inizio alla fine (a parte alcuni episodi centrali come il break di "Aspirations", l'ipnotica "Latchkey Kids" o la soffusa "Understanding Silence"). L'obiettivo, confermato dagli artisti stessi, è una scrittura d'impatto che si traduce in nove brani della durata media di 3/4 minuti studiati in ogni minimo dettaglio per poter funzionare alla grande soprattutto dal vivo. Le tracce dure e dirette (il singolo "Snake Oil", "All Her Own Teeth") ben si sposano con quelle maggiormente articolate ("Where Are The Birds", "Enjoy The Rain", "'67 Pontiac Firebird") dai riff chitarristici di vaga memoria Leprous. Su questo intrigante tessuto sonoro svetta l'ugola di Elliot Coleman (che nelle sezioni pulite ricorda Cedric Bixler Zavala dei The Mars Volta), autore di una prova superlativa e fine arrangiatore delle proprie parti in fase d'insieme (la lezione mi sembra quella derivata dai Muse di Matt Bellamy). Sintetizzerei così: una proposta moderna per una generazione moderna. Detto questo, se i cinque (ri)calassero in Italia per una veloce comparsata, andrei volentieri a verificare di persona se è tutto fumo negli occhi o meno, ma per ora li promuovo senza remore.

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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