Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:47 min.
Etichetta:Psychedoomelic
Distribuzione:Brainstorm

Tracklist

  1. THE DISSECTION OF AN EVIL MIND
  2. SPIRITUAL DISASTER
  3. EPITAPH
  4. BEHIND THE DOOR
  5. NYARLATHOTEP (HARVESTER OF SOULS)
  6. A FUTURE SO DARK
  7. ABSINTHE

Line up

  • Mikael Danielsson: lead vocals, bass
  • Jonas Kjellgren: guitar, vocals, keyboards
  • Per Nilsson: guitar, keyboards
  • Ronnie Bergerstahl: drums

Voto medio utenti

Secondo album per il doom-project svedese World Below, messo in atto da membri di Carnal Forge e Centinex, il quale al debutto (“Sacrifices to the moon”) aveva ottenuto discreto credito in patria, passando però quasi inosservato al di fuori dei confini nazionali.
Ci troviamo in ambito doom metal epico-melodico, nella scia di formazioni come Doomshine, Mirror of Deception o Wytchcraft e con i mitici padrini Candlemass a vegliare dall’alto della loro classe superiore.
Atmosfere cupe, severe e maestose, con un tocco di matura eleganza ed ariose concessioni ad elementi romantici in grado di bilanciare l’impatto dei picchi più heavy. I brani del quartetto scandinavo si sviluppano in maniera complessa, prevedono durata medio-lunga e soluzioni piuttosto articolate, tecnicamente valide ma nient’affatto immediate, con esose richieste in fatto di attenzione e concentrazione.
La ripetitività delle ritmiche slow e dei toni profondi e sofferti risulta alla lunga un po’opprimente, mancando di alternative dinamiche ed aggressive come invece troviamo ad esempio nelle realizzazioni dei Candlemass, evidente fonte ispirativa di questi World Below. In effetti i momenti migliori dell’album sono concentrati nella prima parte, mentre proseguendo nell’ascolto affiora una sensazione di stanchezza che è il limite primario del lavoro.
Notevole comunque l’indirizzo lento e decadente dell’opener “The dissection of the evil mind”, episodio dai risvolti oscuri e Sabbathiani, bene anche la seguente “Spiritual disaster” che punta invece sull’intreccio di potenza heavy e gelido fascino nostalgico. L’esempio più rappresentativo delle potenzialità del gruppo è comunque il monumentale quarto d’ora di “Epitaph”, una doom-suite costruita come un crescendo di fasi funeree, incroci melodici, mid-tempo solenni, fino a culminare in travolgenti passaggi metal abbinati ad un canto rabbioso per poi sfumare nuovamente nell’ultra-slow iniziale. Una canzone ben strutturata e ricca di validi spunti, segno tangibile dell’impegno profuso dal quartetto nel perseguire un’approccio non semplicistico alla materia.
Purtroppo, come già detto, nel computo generale bisogna tener conto dell’eccessiva omogeneità dei brani e di uno stile che mostra chiari segni di derivazione, quindi abbiamo un disco al quale manca un surplus di brillantezza e freschezza per superare la qualità media del settore.
Lavoro non disprezzabile, ma indicato soltanto ai completisti doom.

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