Copertina 7

Info

Anno di uscita:2016
Durata:50 min.
Etichetta:Frontiers Music

Tracklist

  1. DEVIL IN ME
  2. MARTYR
  3. STARMAKER
  4. BURN THIS HOUSE DOWN
  5. I AM REVOLUTION
  6. BLAME IT ON ME
  7. ALREADY DEAD
  8. CURSE THE DAY
  9. ORANGE GLOW
  10. HEAVY CROWN
  11. THE SICKNESS

Line up

  • Andrew Freeman: vocals
  • Vivian Campbell: guitars
  • Jimmy Bain: bass
  • Vinny Appice: drums

Voto medio utenti

E’ risaputo che in tempi di profonda crisi sia abbastanza frequente rivolgersi a Dio … niente paura, la webzine più gloriosa della Rete non è stata improvvisamente folgorata da una vocazione mistica, ma tramite questo innocuo calembour è mia intenzione rilevare ancora una volta quanto sia radicata la nostalgia per i “classici” in un rockrama a corto di nuovi stimoli espressivi. Dopo la recente “voglia” di Scorpions (oltre alle iniziative per i cinquant’anni di carriera dei titolari, il “ritorno di fiamma” a firma Uli John Roth …), è ora il turno del mai troppo compianto Ronnie James, omaggiato quasi in contemporanea da Resurrection Kings e da questi Last In Line, formazioni pienamente titolate (con il grande Vinny Appice nel ruolo di nobile trait d’union) ad accollarsi con autorità l’onerosa incombenza. Nello specifico, la presenza del chitarrista (ottima, per la cronaca, la prestazione di Vivian Campbell) e della sezione ritmica (e qui è necessario un sentito R.I.P. indirizzato al veterano Jimmy Bain, purtroppo anch’egli da poco scomparso) che contribuirono al successo di “Holy diver", "The last in line" e "Sacred heart" rende questo “Heavy crown” una plausibile “continuazione” di quel percorso, e pone un immediato focus sul vocalist Andrew Freeman (Lynch Mob, The Offspring, Hurricane), chiamato a un compito apparentemente proibitivo.
Ebbene, superando gli inevitabili dubbi e nonostante i doverosi distinguo, possiamo dire che l’albo offre una credibile versione “aggiornata” di quei suoni e riesce a non apparire eccessivamente “devoto” anche grazie alle qualità di un cantante che non cade nel tranello di scimmiottare una delle icone assolute della fonazione modulata. Con la sua laringe potente e versatile, Freeman dimostra di non preoccuparsi “troppo” del confronto e di sapersi inserire piuttosto bene in un quadro sonoro rigoroso e tuttavia non fastidiosamente emulatorio.
In questo modo, se “Devil in me” apre le ostilità evocando una sensazione di déjà entendu (complice anche il caratteristico drumming di Appice) tanto vivida quanto gradevole, la successiva “Starmaker” con il suo groove poderoso potrebbe attrarre anche le generazioni meno affezionate alle leggende del rock.
Burn this house down”, con un pizzico di fantasia, materializza nella memoria un’improbabile jam tra Bush e gli stessi Dio, "Blame it on me” mescola Sabs e scorie di AIC e pure “Curse the day” e la title-track potrebbero trovare un posticino nelle programmazioni radiofoniche destinate a un pubblico non specificamente âgée.
In una raccolta priva di autentiche controindicazioni, mi preme infine segnalare la degna conclusione di un’opera di valore: “The sickness” è un altro efficace showcase delle peculiarità dei Last In Line, una band che guarda alla sua blasonata storia senza facili autocompiacimenti … e non è poco.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 18 feb 2016 alle 13:24

Domanda: ma quanto è sacrificato Viv Campbell nei Def Leppard??? A giudicare da questo dischetto, direi da 1 a 10..... 11

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