Copertina 7,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2016
Durata:39 min.
Etichetta:Pulverised Records

Tracklist

  1. ABOVE SACRED GROUND
  2. DESCENT INTO MADNESS
  3. ABYSSAL DEPTHS
  4. MEDUSA
  5. THE RITUAL
  6. SUCCUBUS
  7. DEMIURGE
  8. BESTIAL VISIONS
  9. TEMPLE OF THE DAMNED
  10. SEANCE

Line up

  • Leo Ekström Sollenmo
  • Sebastian Lindbom Gunnari

Voto medio utenti

Si presentano con un moniker forse risibile, ma sulle loro intenzioni ci scherzerei poco. I Temisto (satellite di Giove) sono gli ennesimi newcomers dalla sempre gravida Svezia, una terra che non accenna a soste nel partorire valide band e che stavolta propone questi belligeranti death metallers 2.0.

Nel loro debutto autotitolato, il gruppo (formato da soli due elementi di cui non sappiamo chi suona cosa) pesca a piene mani dal putrido e purulento suolo nordico, un terreno fatto di vecchio e blasfemo death metal, di quello sporco, grezzo e maleodorante che viene qui elevato ad un livello successivo e contaminato col black. Vengono infatti inseriti nella trama sonora, arpeggi, variazioni, passaggi atmosferici non immediati o scontati, elementi precisi che convivono perfettamente con la parte più grezza e caotica del sound. C'è della tecnica in ballo, dell'inventiva, ma mai presentata con spocchia o superiorità, tutti i passaggi sono funzionali alle canzoni che rimangono nerissime ed incazzatissime ma soprattutto convincenti. "Bestial Visions", da questo lato, è sicuramente un brano rappresentativo. Persino i rallentamenti e le sporadiche parti più doomeggianti sono ben integrate, e vanno ad ispessire il contenuto facendo da contraltare alla pioggia di blast beat o al tupa tupa velocissimo che regna in altri brani (vedi "Descent into madness" oppure "Succubus" ).

I Temisto si muovono tra primissimi At The Gates e Morbus Chron, tra Edge of Sanity ed Execration ma con una ruvidità maggiore, a volte è percepibile anche un alone di Darkthrone. La band cerca quindi di distanziarsi un pochino dai numerosi cloni dei vecchi pilastri svedesi proponendo qualcosa leggermente più personale, senza strafare e soprattutto senza perdere di vista il proprio obiettivo. L'album suona realmente sporco, come se fosse stato tenuto nel fango a maturare. La voce marcia (tra Van Drunen e il primo Tardy), gli echi, i riverberi, le esplosioni di rabbia e le accelerazioni stanno tutte al posto giusto ed è un piacere godere di tanto male.

Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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