Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:55 min.
Etichetta:Spv
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. A DIFFERENT SHADE OF SHIT
  2. OH HOW THE GREAT HAVE FALLEN
  3. DEAD MAN WALKING
  4. MASTER OF DISASTER
  5. SNATCHING DEFEAT FROM THE JAWS OF VICTORY
  6. HOW MUCH CAN A MAN TAKE
  7. FUCK YOU PAY ME
  8. SLAY THE COWARD
  9. THE INFIDEL IS DEAD
  10. DON’T LET THE BASTARDS GRIND YOU DOWN

Line up

  • Frank Regan: vocals
  • John Loughlin: vocals
  • Gaz Smith: guitar
  • Jaye Thompson: guitar
  • Darren Smith: bass
  • Gordon Morsion: drums

Voto medio utenti

Poco tempo fa, quando accennavo ai gruppi che stanno cercando di riportare l’heavy metal alla sua condizione naturale ed originaria di musica violenta, pesante e minacciosa, tra i vari Mastodon, High on Fire, Alabama Thunderpussy, ecc, mi sono dimenticato di citare i britannici Raging Speedhorn. Una mancanza significativa, visto che avevo recensito il loro secondo album “We will be dead tomorrow”, un caotico concentrato di furore metal, isteria hardcore ed atmosfere cariche di rabbia ossessiva, che li segnalava come una delle realtà più interessanti e promettenti venute fuori dal Regno Unito negli ultimi anni.
La formazione originaria di Corby ha mantenuto le promesse, accrescendo la propria esperienza con devastanti prestazioni live, guadagnando molto in credibilità ed infine ottenendo la collaborazione dell’eccellente Joe Barresi per la realizzazione di questo terzo lavoro. E’ probabile che l’intervento dello smagato produttore sia stato decisivo nel focalizzare al meglio la brutalità squassante della band limandone la confusione, incanalando la muscolarità primitiva in un impatto meno dispersivo, ordinando il caos selvaggio nei confini di brani più lineari mantenendo allo stesso tempo il tonnellaggio da pesi massimi.
“How the great have fallen” è un netto passo avanti nell’evoluzione dei Raging Speedhorn, un disco che incrementa ed esalta ciò che si era soltanto intuito nei lavori precedenti. Alla base troviamo sempre l’incrocio tra potenza metal e frenesia urlata hardcore, ma ora si aggiungono elementi ben definiti della tradizione classica come le atmosfere oscure dei Black Sabbath, gli spunti dal thrash, dallo sludge, perfino dall’hard rock, fino a formare un cocktail esplosivo che oggi non è più soltanto puro fragore e massacro ma anche sorprendente groove al calor bianco.
Da un lato resta immutata la sguaiatezza ultra-heavy dei brani casinisti e tellurici come “A different shade of shit”, la furibonda “Dead man walking” che gronda sangue e violenza, la rabbiosa ed allucinata “How much can a man take”, i quali rappresentano l’aspetto manesco e rissaiolo degli hooligans inglesi, dove si pesta sodo e senza pause, praticamente il solo volto mostrato dal gruppo in passato.
Ora invece intervengono anche situazioni più ragionate, atmosfere cupe e sulfuree di marca Sabbathiana che si applicano talvolta a cadenze thrasheggianti come nell’ossessiva title-track, oppure si trasformano in monoliti sludge nel ricordo di nomi come Iron Monkey, vedi “Fuck you pay me” e la malsana “Slay the coward”, fino ad arrivare a rallentamenti torbidi e quasi ipnotici come nel finale da brividi “Don’t let the bastard grind you down” una di quelle cadenze paludose e drammatiche che evocano le marce dei dannati verso l’apocalisse.
Certo i Raging Speedhorn non possiedono le strutture articolate dei Mastodon, nemmeno il carisma trasversale degli High on Fire, restano ancora piuttosto rozzi e belluini anche se meno che in precedenza, confermano ad oltranza il cantato a due voci entrambe disumane che alla lunga può risultare sfiancante, ma sotto molti aspetti hanno fatto un centro completo mantenendo inoltre intatta quella purezza heavy che è loro caratteristica peculiare.
Una bella mazzata che forse non brillerà per genialità innovativa od acrobatica varietà, ma che riporta splendidamente in luce l’essenza dell’heavy metal ed inoltre regala una boccata di ossigeno all’asfittica e molliccia scena britannica. Consigliato a chi nella musica non ama le mezze misure.

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