Copertina 7

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2015
Durata:31 min.
Etichetta:Dark Descent Records

Tracklist

  1. BALEFUL AVERSION
  2. AUTONOMOUS DEATH
  3. ADVERSARY CROWN
  4. INVOKER OF HEATHEN GNOSIS
  5. TYRANT'S HAMMER
  6. MASTERS AND SLAVES
  7. LEWD PERVERSITIES
  8. BEHIND THE REIGNS OF GODS
  9. THRONE OF CONTINUUM

Line up

  • J.B.: drums
  • R.E.: vocals, guitar
  • M.C.: bass

Voto medio utenti

Sono trascorsi cinque anni dal loro album di esordio e i Grave Ritual tornano a farsi sentire con il loro old school death metal in questo nuovo disco “Morbid Throne”. Gli amanti di Incantation, Immolation e Autopsy troveranno qui pane per i loro denti. Infatti il death metal dei Grave Ritual rispecchia molto il tipico sound delle death metal band statunitensi e anche la voce del cantante è molto simile a quella di Ross Dolan degli Immolation.
Le vocals sono sempre in growl su tutte le tracce ma non per questo risultano monotone, infatti il singer R.E. interpreta bene tutti i pezzi e il suono cavernoso della sua voce dona potenza a ogni singolo brano.
Ho citato gli Autopsy prima perché, anche se essi si differenziano dalle altre due band Immolation e Incantation per velocità nell’esecuzione dei brani, il loro stile death più doom e rallentato è invece molto presente in “Morbid Throne”. Però non pensiate che il disco sia lento, anzi le parti veloci sono presenti eccome! L’utilizzo di parti più lente conferisce al disco maggiore varietà senza andare a scapito della potenza emanata dai singoli brani.
Non effettuo l’analisi traccia per traccia, ma mi limito a citarvi i pezzi che secondo me sono riusciti meglio.
“Baleful Aversion”, per come è strutturata e per la bella parte introduttiva; “Adversary Crown”, per la sua cadenza più lenta ma distruttiva; “Invoker of Heathen Gnosis”, tipico brano old school death, intramontabile; “Tyrant’s Hammer”, per la sua maggiore varietà.
Il disco non è un capolavoro, però è un solido disco death che mieterà molte vittime specialmente tra i fan delle band che ho citato. Un buon ritorno per i Grave Ritual.
Recensione a cura di Enrico Mazziotta

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