Copertina 9

Info

Anno di uscita:2014
Durata:40 min.
Etichetta:Degaton Records

Tracklist

  1. SKELETON SANGRIA
  2. IMPERMANENCE
  3. BLACK RIVER
  4. THE WHEELBARROW
  5. A CABIN IN THE SKY
  6. HEART MACHINE
  7. BEAKS OF BENEVOLA
  8. TWILIGHT CINEMA

Line up

  • Jon Ivar Kollbotn: vocals
  • André Lund: guitar
  • Eivind Gammersvik: bass
  • Lars Christian Bjørknes: synth
  • Jens Erik Aasmundseth: drums
  • Steinar Hjelmbrekke: guitar, backing vocals

Voto medio utenti

Parlare dei Major Parkinson non è facile. Prendendo a prestito alcuni concetti di fotografia si potrebbe descrivere la loro proposta “al negativo”, circoscrivendo tutto quello che non suonano per arrivare a ciò che effettivamente concepiscono in sala prove. La band norvegese non fa prog, non fa folk, non fa industrial, non fa elettronica e, soprattutto, non fa metal, eppure c’è un po’ di tutti i generi appena citati sparsi qua e là in questo ibrido che voglio comunque definire “rock” in tantissime delle sue possibili varianti. Alla domanda “che caspita di musica fanno ‘sti qui?” rispondo dicendo “tutto e il contrario di tutto”. Immaginate di essere in un circo itinerante simile a quello dei primi minuti di “The Elephant Man” e di udire musica vagamente inquietante provenire dai vari chioschi, con un impianto siderurgico nell’ora di punta sullo sfondo e un fiume di acqua torbida a dividere le due attività appena descritte. Ecco, questa più o meno è l’atmosfera che respirerete ascoltando questo “Twilight Cinema”. A tenere le fila di una proposta così complessa è la voce magnetica del frontman Jon Ivar Kollbotn, un Tom Waits moderno che riesce a essere molto più ruvido e incisivo. Spetta alla breve “Skeleton Sangria” aprire le danze, con i suoi echi acustici e pacati, seguita a ruota dalla spettrale “Impermanence”. “Black River” introduce la voce femminile (una Sally di burtoniana memoria) che duetta con un Kollbotn che più cattivo non si può. La più lunga e progressiva “The Wheelbarrow” sfocia nella più canonica “A Cabin In The Sky”, mentre “Heart Machine” ha nel suo incedere quasi marziale e nel meraviglioso crescendo finale di ispirazione crimsoniana due dei tanti motivi di interesse. “Beaks Of Benevola” smorza i toni e lascia nuovamente spazio al cantato femminile prima della conclusiva e lisergica “Twilight Cinema”. Un disco che mi ha davvero sorpreso, come non mi succedeva da tempo, e che farà la felicità di quegli ascoltatori “pronti a tutto” in cerca di qualche nuovo stimolo.
Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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