Copertina 5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2015
Durata:56 min.
Etichetta:Nuclear Blast Records

Tracklist

  1. GIFT OF PAIN
  2. LET DARKNESS FALL
  3. DYING SONG
  4. CAN'T KILL THE DEVIL
  5. SCARS
  6. DESTINATION: NOWHERE
  7. WAIT UNTIL TOMORROW
  8. TRIANGULUM (I. CREATION II. EVOLUTION III. DESTRUCTION)
  9. PLEDGE OF ALEGIANCE

Line up

  • Dave Ellefson: bass
  • Mike Portnoy: drums
  • Alex Skolnick: guitar
  • Mark Menghi: songwriting
  • GUESTS LIST
  • D. Randall Blythe (1)
  • Troy Sanders (2)
  • Philip H. Anselmo (3)
  • Chuck Billy (4)
  • Mask Osegueda (5, 9)
  • Cristina Scabbia (5)
  • Matt Heafy (6)
  • Doug Pinnick (7)
  • Jamey Jasta (7)

Voto medio utenti

DISCLAIMER


Oggi mi tocca essere abbastanza scurrile, quindi la recensione che segue è sconsigliata a perbenisti, verginelle, minorenni e persone particolarmente suscettibili. Vi ho avvisato.









Ok, vedo che non si è mosso nessuno, bravi bastardi. Possiamo cominciare.

Allora, oggi parliamo di un concetto molto noto al musicista/turnista: i “pompini a vicenda”.
Il pompino a vicenda è un’abitudine ormai radicatissima all’interno della scena musicale, avviene di solito prima e subito dopo l’esibizione, soprattutto se la stessa è stata soddisfacente o con una buona presenza di pubblico. In pratica, i musicisti cominciano a farsi complimenti gratis reciprocamente, in continuazione, “cazzo, stasera sei stato bravissimo con quel basso”, “no, tu hai spaccato, batteria perfetta”, “oh Marco grandi solos stasera, super” e via dicendo.
Come potete immaginare, il fenomeno dei pompini a vicenda (da qui in avanti PaV) è ancor più accentuato se la band che suona non è una formazione fissa, ma un combo estemporaneo, magari messo su per una particolare occasione o esibizione. E, altrettanto ovviamente, più i musicisti sono affermati e conosciuti, più la pratica dei PaV viene spinta in avanti, con tutto un contorno di leccaculismo che potete benissimo immaginare. Magari dieci secondi dopo si danno dello stronzo alle spalle, eh, ma intanto lì, tutti a fare PaV, soprattutto se c’è altra gente che guarda/ascolta.


Bene. “Metal Allegiance” è un monumento ai PaV.


Pompini sgorgati principalmente dalla “bocca” di Mike Portnoy, che ovviamente non ho bisogno di presentarvi. Diciamoci la verità, dei tre nomi coinvolti nel “core” di questa band, chi aveva più bisogno di ristabilire la sua posizione all’interno della scena metal? Dave Ellefson, considerato una sorta di divinità del basso metallico ed attivissimo con un mostro sacro come i Megadeth? Alex Skolnick, ossia una delle chitarre più famose del mondo metal, il chitarrista dei Testament? O Mike, talmente impegnato in tanti progetti e bands, quasi tutte virate al rock nelle sue accezioni più disparate (hard, prog, ecc.), ma sempre più distante dal metal? Ma in fondo c'è dell'altro, secondo me. In realtà, l’intero progetto Metal Allegiance nasce come una sorta di grande pompino collettivo tra tantissimi musicisti, coinvolti tra di loro a fare la gara delle apparizioni. E’ un po’ come taggarsi con altra gente famosa, per potersi considerare famosi a propria volta. “Oh, grande, Skolnick, facciamo un selfie?


Tutto questo porta ad un album che mi sento di definire ruffiano, ma ruffiano da morire. Come potrete ascoltare, tutto è copiato da qualcos’altro, in ogni brano lo zio Mike tenta disperatamente di ‘sborare’ (detto alla romagnola, di farsi vedere, di pavoneggiarsi), mentre gli altri due semplicemente non ne hanno bisogno. Basta il loro suono e il loro marchio di fabbrica è già bello che pronto. I pezzi non si possono definire né brutti né belli, visto che vanno ampiamente a SACCHEGGIARE la maggior parte dei brani più storici dell’universo heavy metal, solo un esempio: “Dying Song” (con un Phil Anselmo imbarazzante al microfono) è Children of the Damned rifatta, male. Per carità, ci sono molti pezzi al fulmicotone e qui stiamo parlando di gente che lo strumento lo padroneggia e lo suona da dio, per cui non sto assolutamente parlando di un album tecnicamente scarso o non riuscito, ci sono delle belle rasoiate come l’opener “Gift of Pain”, ma poi c’è ad esempio un brano più o meno metal prog, “Triangulum”, che scopiazza di nuovo a man bassa i vecchi strumentali dei Metallica (uno dei nomi più saccheggiati del lotto), e così via fino alla fine. Il singolo, "Can't Kill the Devil", lo avrete pure ascoltato, non vi ha fatto già da solo un pò quella impressione lì? Linee vocali di una pochezza imbarazzante, ma vuoi mettere la gara che ci sarà stata ad esserci, a partecipare, a dare il proprio contributo in quest’orgia di PaV?

Il mercato musicale non aveva bisogno di un album del genere, nato morto con una formazione che si riunirà solo per qualche data estemporanea, in cui scatterà l’ennesima sagra del pompino, in cui si venderanno migliaia di biglietti solo per vedere tutti sti mostri sacri insieme. Tutti sti mostri sacri DI VENT’ANNI FA. Un po’ come andare al museo, insomma.

Non mi fregate. Disco da ascoltare con scottex al fianco.

Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 18 set 2015 alle 18:36

Ennio, fai il bravo :-) Torno subito nei ranghi....:-)))

Inserito il 18 set 2015 alle 16:07

Ennio, fai il bravo :-)

Inserito il 17 set 2015 alle 15:13

AH AH AH AH AH tutto fantastico, rece e commenti. @Alex: a Portnoy non si da 5 , bensì 3. Gran seguace del PaV, dell'emulazione e della gara del ca**o più lungo.

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