Copertina 5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2015
Durata:42 min.
Etichetta:Art of Propaganda

Tracklist

  1. DEATH, LUCID DEATH
  2. NOT A SECOND FROM OCEANS TO FROZEN WASTELANDS
  3. ABENDWERK
  4. A MARROW'S VOID
  5. PERPETUAL STIGMATA
  6. HORNS OV GAIA
  7. DIVIDUA ANIMA PT. I
  8. TOWARDS THE LIQUID PALTRY GROUNDS

Line up

  • Sermon: vocals
  • Stefan "Faust" Mann: guitars (lead)
  • Conta Mination: drums
  • Ngaur: bass
  • E.: guitars (rhythm)

Voto medio utenti

Francamente mi sono annoiato.
Mi sono annoiato ad ascoltare questo "GTRD" dall'inizio alla fine: troppo caotico, troppo poco musicale, troppo confusionario.
I Thornesbreed sono musicisti di esperienza, il gruppo si è formato nel 1997, ma sinceramente non sono riuscito a capire dove voglia parare questo disco.
Rispetto all'esordio "The Splendour of the Repellent", buon disco di death metal uscito nel 2003 che si è fatto notare soprattutto per una copertina di pessimo gusto, il gruppo vira decisamente verso il black metal componendo un album che, vagamente, può essere accostato alla follia degli AEvangelist, senza eguagliarne il talento, nel suo mix di stili diversi e per le sue atmosfere malsane, putride e angoscianti.
"GTRD" sperimenta tante soluzioni al suo interno, passando dalle sfuriate nordiche a rallentamenti esoterici, da momenti grind a spunti quasi epici, da follie vocali che torturano le orecchie a muri di suono pesanti come una montagna, per un risultato finale, come ricordavo all'inizio, troppo cervellotico e poco mirato verso un punto preciso.
Certamente il disco è estremo e senza alcun compromesso e alcune idee sono valide, mi riferisco a brani come "Abendwerk" con il suo sapore gelido o la apocalittica e complessa "Horns ov Gaia", ma più spesso la carne al fuoco è troppa e l'idea dell'assoluta mancanza di un filo conduttore è quella che con più forza si fa spazio nella testa del povero recensore costretto a questo supplizio sonoro.
Insomma, disco di nicchia fatto per chi adora la pazzia, tra i quali, mi duole dirlo per i Thornesbreed, non ci sono io.
Recensione a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone

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