Copertina 8

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2015
Durata:53 min.
Etichetta:Napalm Records
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. ALL HE HAS READ
  2. PILLARS OF THE SOUTH
  3. THE EMMA
  4. VERMIN
  5. WORLD OF WONDERS
  6. THE WIND
  7. BLACK SUNLIGHT
  8. THE SERMON
  9. RIDERS OF VULTURES

Line up

  • Thomas Sabbathi: vocals, guitar
  • Marcus Lundberg: guitar
  • Don Palmroos: guitar
  • Fredrik Hellerström: drums
  • Tobias Resch: bass
  • Pope: mellotron, vocals

Voto medio utenti

Di quando in quando capita d’imbattersi in giovani band capaci di far scattare il clic emotivo sin dal primo istante; band ignote, di nicchia, ai primi vagiti discografici, cui bastano poche note per farti pensare di trovarti di fronte a qualcosa di speciale.

Ebbene, tra i miei (tanti, a dire il vero) gioielli nascosti rivestivano un ruolo di assoluta preminenza gli Year of the Goat.
Ormai, presumo che di nascosto non sia rimasto granché: in fondo, i sei svedesi sono già sotto contratto con la prestigiosa Napalm Recors, stanno ricevendo le attenzioni delle più importanti riviste di genere europee ed hanno registrato dati di vendita piuttosto confortanti.

Nel contempo, la loro miscela musicale spuria (sul celebre sito metal-archives, tanto per dire, non v’è traccia di loro), così come il moniker e le tematiche a sfondo dichiaratamente satanico, li ha sinora confinati in una terra di confine dalla quale sembra arduo evadere.
Da un lato, l’impossibilità d’inserirli in uno dei filoni in cui la nostra musica prediletta deve giocoforza venir suddivisa (ma poi: perché?); dall’altro, le difficoltà ad imporsi presso il più vasto e “generico” pubblico rock a causa del fosco immaginario evocato.

Un dilemma che ci lascia freddi e perplessi: da queste parti sterili categorizzazioni, illusori riscontri commerciali ed arcaiche dissertazioni sull’opportunità o meno di veicolare il Verbo del Maligno interessano ben poco.
Noi di Metal.it abbiamo l’ardire e la presunzione di voler “semplicemente” parlare di musica, cercando di segnalarvi quella che, dal nostro umile punto di vista, merita la vostra attenzione.

Ecco: quella degli Year of the Goat, a parere del sottoscritto, la merita eccome.

Ciò valeva già ai tempi dell’ottimo debut Angels’ Necropolis (2012) e dell’inebriante EP The Key and the Gate (2014); eppure, la maturazione registrata dai giovani scandinavi in occasione del nuovo full The Unspeakable mi ha impressionato.

Di fatto, tutti i meccanismi che rendevano speciale la proposta sono stati ripresi, perfezionati e oliati, creando continuità col passato senza per questo adagiarsi sugli allori di una formula vincente.
Formula, come scritto in precedenza, sui generis e piuttosto sfuggente. Forse non originale nel senso più proprio del termine, eppur dotata di rara sensibilità nel fagocitare e rielaborare. Così, seventies hard rock, NWOBHM, dark, doom e occult metal si uniscono in un’orgia al tempo stesso impura e linda, screziata dal peccato e avvolta da un alone di sacralità, impulsiva e deliberata.

Gli Year of the Goat si dimostrano una volta ancora musicisti preparati e compositori sopraffini. Lo certificano l’assenza di autentici brani filler e l’esiguo numero di passaggi a vuoto o momenti morti lungo i 52 minuti abbondanti di durata del platter; lo attesta la capacità -già rivelata in passato- di destreggiarsi tanto sui brani di lunga durata e complessa strutturazione (soffermatevi sull’immane opener All He Has Read) quanto su quelli più concisi e immediati (come il torbido singolo The Emma); lo testimonia il gusto nella scelta di arrangiamenti addirittura sontuosi nella loro apparente semplicità.

Margini di miglioramento?
Eccome: il mellotron di Pope può e deve acquisire maggior peso specifico nell’economia del sound; un irrobustimento delle ritmiche gioverebbe alla resa complessiva; più in generale, auspicherei un maggior dosaggio di oscurità e malignità a scapito di qualche concessione melodica di troppo. Ma qui si entra nei gusti personali.
Non resta che attendere futuri sviluppi, consci che il presente è già radioso.

Pur continuando ad incassare tutta la mia stima e simpatia, rimango a tutt’oggi convinto che il nostro adorabile Signore Lucifero non sia mai esistito (al pari di qualsiasi altra assurda divinità partorita dalla mente umana).
Un vero peccato: sono altrettanto convinto che, se il Nostro esistesse, sarebbe oltremodo compiaciuto da questo The Unspeakable.
Tocca quindi a Voi, cari lettori, supplire alla presumibile inconsistenza di Satana, tributando in sua vece i giusti onori agli Year of the Goat.
Non sarà proprio la stessa cosa, ma credo gradiranno comunque.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 06 ago 2015 alle 10:50

L'ho appena detto sul forum, con un po' di cattiveria in piu' sarebbero gli High Tide del nuovo millennio. Bravo Marco per la segnalazione e finalmente una recensione non didattica e sbrigativa, ma dove si percepisce la volonta' di far capire il disco a chi legge. Bravo di nuovo. Piccolo spunto di riflessione che parte dalla bella rece di Marco. Piu' mi cimento nello scrivere piu' mi rendo conto di quanto sia difficile fare il recensore credibile e non voglio dire una banalita' ma il SAPER scrivere bene penso sia totalmente necessario. L'improvvisazione o l'approssimazione a lungo andare non porta da nessuna parte. Grazie mille Polimar!

Inserito il 06 ago 2015 alle 09:20

heavy metal? Or no metal at all!

Inserito il 05 ago 2015 alle 15:40

heavy metal?

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