Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2015
Durata:66 min.
Etichetta:InsideOut Music
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THE PRICE
  2. THIRD LAW
  3. REWIND
  4. THE FLOOD
  5. TRIUMPHANT
  6. WITHIN MY FENCE
  7. RED
  8. SLAVE
  9. MOON
  10. DOWN
  11. LOWER
  12. PIXEL

Line up

  • Tor Oddmund Suhrke: guitars, vocals (backing)
  • Einar Solberg: keyboards, vocals (lead)
  • Øystein Landsverk: guitars, vocals (backing)
  • Martin Skrebergene: bass
  • Baard Kolstad: drums

Voto medio utenti

Talento.
Concetto elusivo, ne convengo, eppure di assoluta centralità quando si discetta di musica. Ebbene, il gruppo di cui narriamo quest’oggi è titolare di una mole di talento assolutamente fuori scala. Per intenderci: è mia ferma convinzione che il 90% dei gruppi metal oggi presenti sulla faccia della Terra venderebbe l’anima in cambio delle doti di cui i Leprous possono disporre.

Doti, tra l’altro, che si manifestano con fragore assordante in ogni aspetto della loro particolarissima miscela sonora: songwriting, originalità, arrangiamento, tecnica, gusto melodico… l’intero pacchetto, come si dice oltreoceano.

Il rischio, quando si posseggono capacità di tale portata, è quello di rendersene conto, imboccando così il declivio che conduce alla superbia, al virtuosismo fine a se stesso, al peccato capitale di specchiarsi nella propria beltà.
Esattamente quello che, come puntualmente rappresentato dal nostro buon Alex in sede di recensione, accadeva al pretenzioso Coal.

I nostri amici norvegesi avranno aggiustato il tiro in occasione del nuovissimo The Congregation, quinto full lenght della loro sinora brillante carriera?
La risposta, a mio avviso, è il classico ni.
Appare innegabile che nei solchi di questo platter si annidi una quantità tale di sapienza e arte musicale da far tremare i polsi; al tempo stesso, ad alcuni dei difetti denunciati dal predecessore non si è ancora trovato efficace correttivo.

In ordine sparso:

- l’artwork di copertina fa schifo;

- i suoni, al contrario, sono qualcosa di meraviglioso; un plauso particolare a Jens Bogren per il mixing, davvero perfetto;

- sotto il profilo del sound ci muoviamo in linea di continuità col recente passato, per quanto in questa occasione si siano sfrangiate le ripetizioni fini a sé stesse e si sia donato ancor più risalto all’elettronica. Un’elettronica dal feeling minimale, ma solo in apparenza gelida: dovrete pazientare un po’ prima che il calibro emotivo dei brani si dispieghi in tutta la sua forza, grazie alla nota strategia del lento (a volte troppo lento) crescendo sino alla deflagrazione drammatica in occasione del chorus.

- del tutto indolore, se non addirittura migliorativo, si è dimostrato il passaggio di proprietà del drumkit: il nuovo arrivato Baard Kolstad (gran bel nome, tra l’altro) si dimostra elemento di assoluto valore, ed i fuochi d’artificio su un brano come Rewind sono lì a dimostrarlo.
(Per tranquillizzare gli animi: nulla a che spartire con l’oscenità del Blasco nazionale; semmai la canzone ricorda qualcosa del padre putativo Ihsahn);

- pur mantenendo i Nostri un trademark unico e distintivo, qualche similitudine qua e là con quanto proposto da illustri colleghi la si può senz’altro rinvenire.
Mi riferisco all’incipit pianistico di Moon che, abbinato al drum pattern dal retrogusto quasi dubstep, non avrebbe sfigurato sull’ultimo album degli Anathema; alcuni slabbramenti chitarristici sembrano oltremodo prossimi alla famigerata branca djent; o ancora -liberissimi d'insultarmi-, l’algido tessuto di synth dal groove magnetico che ammanta ogni pezzo (Red in particolare) continua a suggerirmi parallelismi coi migliori Muse;

- per altri versi, invece, i cinque scandinavi si confermano realtà fieramente sui generis all’interno della scena: i riff sincopati dell’opener The Price e di Down (entrambe dotate di ritornelli killer), i ghirigori vocali di un Einar ancor più mostruoso del solito, le plumbee atmosfere latrici di tragedia imminente appartengono ai Leprous e ai Leprous soltanto;

- peccato che, a fianco di piccole perle quali The Flood (percorsa da un beat angoscioso ma irresistibile), e Lower (crepuscolare semi-ballad che chiude al meglio il disco), spunti di nuovo l’alterigia propria dei primi della classe: si pensi alla fastidiosa strofa di Third Law, o ancora alla sufficienza compositiva di Triumphant e Within My Fence, che formano una coppia centrale di dubbia affidabilità.
Proprio quest’alterigia, per quanto mi riguarda, preclude a The Congregation l’otto in pagella e l’approdo nei top album.

Nondimeno, rinunciare alle prelibatezze musicali che Tor Oddmund Suhrke e soci sono in grado di preparare sarebbe una decisione scellerata da parte vostra: parliamo pur sempre di un inestimabile patrimonio della nostra musica favorita, che ritengo opportuno supportare accaparrandosi il nuovo album e il biglietto per il concerto di ottobre a Milano.

Leziosetti anzichenò, ma pur sempre dotati classe immensa.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

Ultime opinioni dei lettori

Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 04 giu 2015 alle 00:20

questo è un bell'album,fatto da un ottima band,unica con il suo progressive,che meriterebbe molte più attenzioni...certo il "morbo di Coil" è ancora presente (se le canzoni dell'album precedente avevano bisogno di almeno due minuti ti tagli ciascuna,qui basterebbe un minutino)...con un po' più di varietà tra una canzone e l'altra e canzoni meno dilatate potrebbero fare ancora meglio in futuro. ps.purtroppo bisogna ammettere che dal vivo il buon Einar Solberg non è un granchè.

Inserito il 01 giu 2015 alle 10:52

Sostanzialmente concordo. Probabilmente gli avrei dato 8 perchè rimane un lavoro decisamente sopra la media. Rimane il fatto però che a fare da contraltare a pezzi bellissimi come The Flood e Moon o Lower ci sono Red, Within My Fence e Third Law che non convincono pienamente. E c'è una certa omogeneità di fondo che alla lunga può appesantire un po' l'ascolto. Le influenze che mi paiono più evidenti in questo lavoro sono i Radiohead e i Muse, sempre filtrate però dalla personalità della band.

Queste informazioni possono essere state inserite da utenti in maniera non controllata. Lo staff di Metal.it non si assume alcuna responsabilità riguardante la loro validità o correttezza.