Duskfall, The - Where The Tree Stands Dead

Copertina 5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2014
Durata:43 min.
Etichetta:Apostasy Records

Tracklist

  1. TO THE PIGS
  2. FAREWELL
  3. I CAN KILL YOU
  4. WHERE THE TREE STANDS DEAD
  5. WE THE FREAKS
  6. ENDGAME
  7. HATE FOR YOUR GOD
  8. THE CHARADE
  9. BURN YOUR GHOSTS
  10. TRAVESTY
  11. WE BLEED

Line up

Non disponibile

Voto medio utenti

Gli errori, come pagliuzze, galleggiano alla superficie; chi cerca perle deve tuffarsi in profondità”.
John Dryden, 1677

Il drammaturgo inglese aveva tentato di avvertirmi, e invece niente da fare: ci sono cascato con tutte le scarpe.

Di tuttologi saputelli in giro per la rete ne potrete trovare a frotte (sulle webzine metal, poi, tracimano letteralmente), per cui ammetto col candore di un infante che l’esistenza dei The Duskfall mi era ignota sino a quattro giorni fa.
Nonostante ciò, da amante della prim’ora del melodic death metal, genere che non è invecchiato benissimo trasfigurandosi troppo spesso in infauste sotto-branche (emo, *core e robaccia simile), ma che di tanto in tanto sa ancora dimostrare il proprio valore, ho deciso di lanciarmi nel buio e curare la recensione di questo Where the Tree Stands Dead.

Mal me n’è incolto: la speranza di venir investito da trame chitarristiche impetuose quanto attente alla costruzione armonica, dall’inarrestabile tupa-tupa di qualche novello Adrian Erlandsson e da melodie imbibite di solennità e nostalgia -il melodeath ha scollinato da un po’ i vent’anni di esistenza, a pensarci mi sento un matusa-, ahimè, si è infranta troppo presto.

Sono bastati pochi attimi dell’opening track a smorzare ogni aspettativa: traccia aleatoria e priva di mordente, To the Pigs mette da subito in mostra alcune criticità per me insormontabili: influenze hardcore d’accatto, tendenze finto-moderniste volte alla spasmodica ricerca del groove e deficitaria impostazione vocale del singer Magnus Klavborn (che però ha un gran bel nome), il quale si limita perlopiù a sbraitare dietro a un microfono cercando d’imitare l’ormai miagolatore seriale Fridén, mantenendosi così a siderale distanza da ciò che può propriamente definirsi growling.

Con la successiva Farewell va un po’ meglio, in virtù del riffing rotondo preso gentilmente in prestito dagli In Flames (tanto a loro non serve più…); benino anche la title track e Burn Your Ghost, quantomeno piacevoli all’ascolto; peccato siano circondate da episodi utili quanto un telescopio piazzato in uno sgabuzzino (I Can Kill You, Endgame, The Charade, Travesty) e da altri semplicemente incresciosi (We the Freaks, messa in ginocchio da clean vocals che giustificherebbero appieno l’apertura di un procedimento penale, e Hate Your God, la cui strofa infastidisce oltre ogni dire).

La verità è che ai The Duskfall manca classe, qualità, carisma e personalità per competere ad alti livelli: non basta un chorus catchy per fare una canzone, né un modicum di aggressione sonora buttata lì per compiacere i deathsters; parimenti, non è sufficiente richiamare gli stilemi compositivi di -un tempo- grandi band per emularne le gesta.

Ora perdonatemi ma prendo congedo: sento l’insopprimibile esigenza di riascoltare l’intera discografia degli Insomnium per rimediare all’errore.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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