Copertina 9

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2005
Durata:57 min.
Etichetta:SPV
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. MARCH OF MEPHISTO
  2. WHEN THE LIGHTS ARE DOWN
  3. THE HAUNTING (SOMEWHERE IN TIME
  4. SOUL SOCIETY
  5. INTERLUDE I: DEI GRATIA
  6. ABANDONED
  7. THIS PAIN
  8. MOONLIGHT
  9. INTERLUDE II: UN ASSASSINIO MOLTO SILENZIOSO
  10. THE BLACK HALO
  11. NOTHING EVER DIES
  12. MEMENTO MORI
  13. INTERLUDE III: MIDNIGHT-TWELVE TOLLS FOR A NEW DAY
  14. SERENADE

Line up

  • Thomas Youngblood: guitars
  • Roy Khan: vocals
  • Glenn Barry: bass
  • Casey Grillo: drums

Voto medio utenti

Ci sono dischi che travalicano ogni appartenenza a generi e schemi prefissati, ogni classificazione secondo etichette predefinite, per attestarsi direttamente nell'alveo dei capolavori. Basterebbe questo, dire
che il nuovo disco dei Kamelot è uno di questi lavori, e sarebbe finita qui. Giuro, non ci sarebbe nient'altro da aggiungere, perchè questo è uno di quei dischi che le parole fanno fatica a descrivere, che sembra anche quasi ingiusto descrivere, permettendo invece che le emozioni sgorghino copiose e ci trasportino nel mondo affascinante e misterioso che la band americana ha
saputo creare.
"The Black Halo" è infatti la seconda parte del concept
iniziato sul precedente "Epica", la rivisitazione in chiave moderna del celebre Faust, il poema di Goethe che narra di sete di affermazione, patti col diavolo, amore e dannazione eterna. Abbandonate quasi completamente le tipiche strutture power metal di album quali "The Fourth Legacy", i Kamelot proseguono nella direzione maggiormente ricercata e atmosferica di "Epica",
perfezionando ulteriormente quanto di buono ci avevano già mostrato in tal senso. Il risultato è un lavoro totalmente calato nella dimensione lirica del concept, in cui l'interazione tra chitarre e orchestrazioni (ancora una
volta opera di Miro) non si accontenta di produrre il solito bombastic metal caro a tanti gruppi oggi in voga, ma evoca atmosfere ora inquietanti, ora tragicamente romantiche, tratteggiando il maligno non come il banale mostro con corna e piedi caprini, ma come la figura cupa e straordinariamente carismatica delle opere di Benson, Solovev e dello stesso Goethe.
Su tutto svetta la voce di Khan: la prestazione del singer norvegese dietro al microfono è assolutamente strepitosa, sia per timbrica che per intensità dell'interpretazione, un qualcosa di ormai totalmente personale e versatile, che si allontana spesso e volentieri dagli schemi dell'heavy metal per andare ad abbracciare quegli della tradizione operistica italiana (sentitelo in "Memento mori" se non ci credete!). Ma non un non so che di "operistico" si respira per tutto il disco, non sono pochi i momenti in cui sembra di trovarsi al centro di un sontuoso ballo in maschera in qualche corte europea del 1700, con tutto il suo carico di passione ed intrigo: splendido, da questo punto di vista, l'interludio cantato in italiano da Cinzia Rizzo (la guest singer già presente su "The Fourth legacy"), dotato di un potere
evocativo davvero notevole.
In tutto questo splendore, nominare dei singoli brani potrebbe apparire un'ingiustizia bella e buona, ma tant'è: come non farsi possedere dal fascino oscuro dell'opener "March of Mephisto" (in cui il personaggio principale è interpretato addirittura da Shagrath dei
Dimmu Borgir, in un connubio tra power e black metal da far gelare il sangue nelle vene), o alle melodie sofferte di "When the lights are down" (dove le tastiere hanno un suono più moderno) o "The haunting". Eccezionale poi "Abandoned", malinconica ballad orchestrale che si avvale della presenza di un'altra female singer, ma che è tenuta totalmente in piedi dalla voce di Khan, decisamente vicino alla perfezione assoluta! Non mancano neppure episodi in tipico stile Kamelot, e anche se la velocità non è certo tra le
caratteristiche di "Black Halo", brani come "Soul society", "Nothing ever dies" o la stessa title track (potentissimo il riff iniziale!), ci confermano che, per quanto sofisticati siano diventati, i Kamelot non hanno
perso il dono di comporre ottime metal songs.
Chiude "Serenade", nella quale un Khan sempre più a suo agio disegna melodie che parlano di speranza
e redenzione, una necessità assoluta dopo un disco così oscuro e drammatico.
Non c'è nient'altro da aggiungere: "The black halo" è senza dubbio il più bel disco mai realizzato dalla band americana, un disco che la pone di diritto tra le più importanti realtà dell'heavy metal del nuovo millennio. Non fatevi scoraggiare dalla sua complessità , non lasciatelo da parte soltanto perchè non è diretto come i precedenti, accettate la sfida e ne varrà la pena!
Da parte mia, il conto alla rovescia per il 30 marzo è
già iniziato...
Recensione a cura di Luca Franceschini
L'Oscuro Sentiero

Se parliamo dal punto di vista della grandiosità delle songs quest'album è senza dubbio un must,il problema è che non ha una vera & propria varietà al suo interno e tradisce il bel concept ingegnato per"Epica"(pochi sanno che questo è il sequel di"Epica"e infatti avrebbe dovuto intitolarsi"Epica II")."Memento Mori","Soul Society","March of...","When the Lights..."e la title-track il top dell'album.

Delusione Immane!!!!

Al contrario di quello che pensano tutti, questo disco è per me l'inizio della fine per i Kamelot. Tutto quello per cui avevo amato questa band è sparito in un solo colpo, non ci sono più le melodie tristi e epiche, tutto è più oscuro pesante. Ma soprattutto mancano i brani memorabili.Ripeto, delusione totale.

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 08 apr 2011 alle 22:52

Il mio preferito rimane Karma... Anche se tutti ascoltando questo hanno gridato al miracolo.

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